La vittoria del Si sembrava scontata ma col passar del tempo anche diversi Grillini non ci credono più. Non sono quei soldi risparmiati che potranno risollevare le sorti del Bel Paese ad un passo dal baratro.
Roma – Il 20 settembre prossimo tutti i cittadini italiani saranno chiamati a votare sul “taglio dei parlamentari”. La legge costituzionale che lo ha previsto, fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle, sarà infatti sottoposta a referendum approvativo dopo che un quinto dei membri del Senato ne aveva fatto richiesta, come previsto dall’art. 138 della Costituzione .
Se la vittoria del SI’ sembrava scontata all’inizio della campagna referendaria, oggi il fronte del No vede aumentare ogni giorno i suoi sostenitori ed il risultato della consultazione è sempre più incerto anche perché in questo caso non è previsto un quorum di partecipazione. Pure l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi si è recentemente schierato per il fronte del No affermando che il nostro Paese ha bisogno di riforme più strutturali ed ampie e che il solo “taglio” dei parlamentari non risolverebbe alcun problema.
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Gli schieramenti politici, con l’eccezione dei Cinque Stelle, non prendono una vera posizione anche se il Centro-Destra con Lega e Fratelli d’Italia sembrerebbe orientato a votare Sì, mentre il PD è ancora diviso sulla questione. Chi scrive non può esimersi da alcune considerazioni: in primo luogo la riduzione dei parlamentari non è certamente la panacea per ogni male poichè se da una parte il risparmio della spesa pubblica sarebbe irrisorio dall’altra ci troveremmo davanti ad un vero e proprio deficit di rappresentanza specie nelle piccole regioni – come Liguria ed Umbria – e in ampie zone di macro-regioni che rischierebbero di non “fare sentire” la loro voce a Roma perchè, appunto, sotto-rappresentate o prive di rappresentanti. Non dimentichiamo infatti che il numero dei parlamentari è stato deciso dall’Assemblea Costituente nel secondo dopoguerra in proporzione alla popolazione dell’epoca, da allora di molto cresciuta.
Il Movimento Cinque Stelle, peraltro, sembra favorevole al taglio delle spese solo quando viene proposto dai suoi esponenti, mentre nell’ipotesi in cui tale riduzione venga suggerita da altre forze politiche, come nel caso della riforma Renzi/Boschi nel 2016, il partito di Grillo alza un vero e proprio muro di cemento nascondendosi dietro a giustificazioni di facciata.
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La riduzione del numero dei parlamentari come del resto la riduzione dello stipendio di deputati e senatori sono proposte demagogiche finalizzate a cavalcare esclusivamente l’antipolitica populista per cercare il voto dei “cittadini arrabbiati” ma che sostanzialmente non porterebbero alcun sensibile miglioramento per le nostre istituzioni.
L’ Italia necessita invece di riforme strutturali: l’abolizione del bicameralismo perfetto con un parlamento monocamerale o un Senato con funzioni ridotte rispetto alla Camera, e un governo più forte e con maggiori poteri che sia nelle condizioni di restare in carica per tutta la durata della legislatura, senza più essere obbligato a ricorrere alla decretazione d’urgenza per realizzare il suo programma.
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Il “taglio dei deputati e dei senatori” vuole inseguire un vecchio sogno di Gianroberto Casaleggio, il defunto fondatore e ideologo dei Cinque Stelle, che immaginava una democrazia senza parlamento dove le decisioni più importanti sono prese dai cittadini tramite consultazioni telematiche, come quelle degli elettori Cinque Stelle con la piattaforma Rousseau. Ma dopo aver visto come funziona e come ha funzionato la piattaforma infernale, possiamo solo dire Viva il Parlamento e Viva la nostra Democrazia Costituzionale. E che a nessuno venga in testa di toccarceli.
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