I ministri di Draghi verranno presentati a breve. I tecnici sono di alto profilo mentre i rumors che girano per quelli politici parlano dei soliti volti noti, tristemente noti.
Roma – Tutto deciso, crisi risolta. Capitolano anche i dissidenti dei 5 Stelle con il 59,3% di si. Grande attesa per conoscere il programma di governo e la lista dei ministri. Al buio ed entro stasera.
Le richieste, più o meno velate, da parte dei partiti sono già arrivate a destinazione nonostante le smentite dei leader che non fanno altro che affermare di fidarsi del premier incaricato il quale, a quanto pare, sui ministri non intende aprire contrattazioni.
Mario Draghi, in questo momento, ha i favori di tutti, nessuno escluso. Purtroppo il suo punto di forza può rappresentare una grande debolezza. Non c’è peggiore insidia, infatti, di quando le aspettative sono molto alte.
Ogni giudizio, pertanto, è rinviato di qualche mese. Se non oltre. L’orizzonte è ampio, per questo è importante individuare le priorità ed operare con equità e saggezza. Speriamo che il banchiere mantenga le promesse.
I dettagli e le deleghe del nuovo ministero della “transizione ecologica”, richiesto da Beppe Grillo, sono un mistero che al più presto sarà svelato da Mario Draghi che per adesso tace ed ascolta tutti i commentatori che si sperticano ad interpretare i suoi pensieri. Che nessuno conosce, per altro.
Durante le consultazioni un dato di fatto riguarda il comparto ecologico che “innerverà” tutti gli ambiti degli investimenti, nell’ottica di una riconversione ambientale del sistema produttivo.
Grillo ha comunque chiesto un super-ministero che raggruppi Sviluppo economico (Mise), Ambiente ed Energia. Non è detto che sarà accontentato ma come ogni richiesta, legittima peraltro, dovrà corrispondere competenza, professionalità, sensibilità ed un nome che rappresenti e garantisca per questi valori.
Il modello proposto dal comico genovese somiglia molto a quello spagnolo e francese. Il governo francese ha già presentato lo scorso 10 febbraio, in Consiglio dei Ministri, il progetto di legge sul clima che punta a spostare l’ecologia al centro del mandato di Emmanuel Macron, anche se il progetto di legge è già criticato da organizzazioni ecologiste ed Ong.
Così si va verso un super-ministero green anche se in Italia la politica “verde” non ha mai attecchito, d’altronde le persone “danneggiate” dalla politica green hanno sempre votato contro, a dispetto dei benefici futuri.
Le politiche che hanno promosso e divulgato il rispetto della natura, non sono state non sono appetibili. Anzi, sono state sempre perdenti purtroppo. Una delle ipotesi, comunque, rimane quella di un potenziamento del ministero dell’Ambiente, ponendo il dicasteri in primo piano nella gestione delle risorse del Recovery Fund con nuove competenze nel campo energetico e con una maggiore assegnazione di fondi.
Ma le parole di Luigi Di Maio sembrano aprire scenari più ambiziosi: “…Il progetto – ha dichiarato su Facebook il ministro degli Esteri uscente – punta a sostenere l’ambiente, come il M5S ha sempre fatto e ad integrare la difesa della nostra terra con le opportunità di sviluppo e di crescita economica…”.
L’approccio di Draghi, al di là delle decisioni sul nuovo ministero, appare completamente nuovo sul tema ambientale, normalmente snobbato rispetto ai grandi giochi della politica, quando si tratta di stabilire nomine e stanziare soldi.
L’ex presidente della Bce sa bene che l’Europa, per dirla come Christine Lagarde, sulla transizione green ha un debole e fa sul serio e non si accontenterà di certo di una spruzzatina di verde. Va sottolineato poi che esiste già un dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi.
Il consesso opera all’interno del ministero per l’Ambiente ed è guidato da Mariano Grillo, capo del dipartimento in quota 5 Stelle, che “cura le competenze ministeriali in materia di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, efficientamento energetico, miglioramento della qualità dell’aria e sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale ambientale, valutazione e autorizzazione ambientale e di risanamento ambientale”.
Come si può constatare nulla di nuovo sotto il sole. Solo chiacchiere che riguardano un organismo già esistente e che funziona. Ma al di là degli slogan e delle formule l’operazione andrà chiarita nei dettagli.
Un conto sarebbe unificare il ministero dello Sviluppo economico (Mise) con il ministero dell’Ambiente, prima opzione nelle ambizioni di Grillo. Un altro discorso sarebbe limitarsi ad assegnare al ministero dell’Ambiente le competenze dello Sviluppo economico in campo energetico (seconda opzione) o al contrario allargare il raggio d’azione del Mise in senso più “green”.
Strada ancora diversa sarebbe unire le competenze del Mit (Infrastrutture e trasporti) con quelle dell’Ambiente. Insomma è necessario attendere le scelte finali del premier incaricato per capire la reale portata di questa novità nella composizione del governo.
Tenendo conto dei rischi di togliere l’energia al ministero che è proprio il punto di riferimento dell’industria, materia fortemente correlata alle politiche imprenditoriali, peraltro nel secondo paese manifatturiero d’Europa. Ad ogni modo, bisogna fare chiarezza.
Sul fronte contagi, che sono stabili, incombono le varianti straniere. Per questo sono necessarie decisioni tempestive perché la corsa del virus e delle sue diverse facce non rallenta certo per una crisi di governo.
La possibile riapertura dei confini regionali prevista per il prossimo 15 febbraio, con la penisola italiana quasi tutta gialla, comporta il rischio, secondo quanto afferma Nino Cartabellotta (Presidente della Fondazione Gimbe), di una “impennata dei contagi con conseguente saturazione degli ospedali, nonostante il potenziamento del sequenziamento virale ed i lockdown mirati”.
Con molta probabilità se ne riparlerà il 5 marzo per poter circolare sull’intero territorio nazionale, salvo peggioramenti della curva epidemiologica specie in Umbria.
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