Nelle condizioni in cui si trova il Bel Paese, come altre nazioni, parlare ancora di chiusure totali è come indurre al suicidio l'intera popolazione. Piuttosto bisogna spingere al massimo con le vaccinazioni e con il rispetto delle norme anticontagio.
Roma – Volendo fare polemica potremmo azzardare l’ipotesi che l’ultima “sparata” di Walter Ricciardi sia figlia della delusione per non essere entrato a far parte della squadra del Governo Draghi. Un dispetto, una provocazione?
Mr Lockdown colpisce ancora, il suo deve essere un chiodo fisso. Se non rinchiude gli italiani agli arresti domiciliari non è contento.
Ad un anno dall’esplosione della pandemia in Italia, l’insofferenza della gente verso uno dei più rigorosi camici bianchi sempre presenti davanti alle telecamere, ha raggiunto il culmine.
Il consigliere del riconfermato ministro Roberto Speranza è partito come un treno, immediatamente all’indomani dell’insediamento del nuovo governo.
“Un lockdown applicato su tutto il territorio nazionale”, è il suggerimento proferito con il tono perentorio di un ordine, “perché dobbiamo limitare la circolazione del virus sotto i 50 casi ogni 100mila abitanti. Deve durare il tempo necessario a tornare a questo dato di incidenza. Possono essere due, tre, quattro settimane, dipende da quando si raggiungerà l’obiettivo”. Certo, intanto i cittadini campano d’aria.
Dunque l’illustre professore non sa quanto durerà e non si sa dove abbia pescato la nuova statistica, ma pretenderebbe obbedienza cieca anche da coloro i quali non hanno lo stipendio assicurato. Insomma su quali dati scientifici si basano le sue affermazioni?
Gli utenti dei social si sono divertiti a raccogliere le dichiarazioni di Ricciardi e, da ottobre a oggi, la quantità di post è imbarazzante: “Tutta Europa è già ricorsa a lockdown duri” (falso, per altro), “Serve un lockdown rigido a febbraio”, “Farei un lockdown da subito per due mesi”, “Serve un lockdown totale, lo chiederò a Speranza”. Sono solo alcune delle esternazioni pubbliche del consulente, postate con certosina puntualità.
Poi ci sono le varianti del Covid, altro ottimo spauracchio da rifilare ai poveri italiani che non hanno più a quale santo votarsi per sopravvivere.
A questo punto ci domandiamo se i nostri camici bianchi sappiano davvero in quali condizioni versa la popolazione. Per lo meno quella parte di persone, famigli e lavoratori che non possono contare più su un reddito certo. In caso contrario, qualcosa non quadra. Intanto domandiamoci: a cosa sono serviti i lockdown? Difficile dare una risposta definitiva. Il mondo scientifico è spaccato sull’argomento. Anzi contrapposto.
Proprio in questi giorni il direttore sanitario dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha rilasciato dichiarazioni diametralmente opposte a quelle di Ricciardi:
“…Il nostro laboratorio sta lavorando sulle varianti di Sars-CoV-2, che sono un problema che deve destare attenzione, ma non panico – dice Vaia – siamo contrari affinché si creino delle psicosi di massa…”. Per quanto riguarda le ipotesi di un nuovo lockdown, il professor Vaia parla chiaramente: “…Non si tratta di aggravare le misure anti Covid – aggiunge il direttore – ma applicare con severità quelle che abbiamo. Un lockdown severo non serve, ma occorrono chiusure chirurgiche…Voglio dire un no netto e chiaro all’utilizzo delle varianti come clava politica. La scienza sia sempre libera da interessi economici e politici…”.
Sul fronte dei contrari a qualunque chiusura ci sono anche i due scienziati Jay Bhattacharya, bengalese, e lo svedese Martin Kulldorff, che hanno apertamente dichiarato come queste misure restrittive non servano a nulla.
“…Questa politica viola ogni singolo valore che ho a cuore – ha detto Bhattacharya – attribuisco grande importanza alla protezione dei vulnerabili e dei poveri dalla morte e dalla sofferenza evitabile. Questi lockdown hanno fallito nel loro obiettivo, dato che hanno causato un enorme collasso economico e messo a rischio la vita di 130 milioni di poveri che rischiano di morire di fame…”.
Oltre all’olocausto economico c’è anche il punto di vista umano: da un anno a questa parte si sono registrati picchi di richieste di aiuti psicologici, in particolare tra i giovani, costretti ad una reclusione che potrebbe avere ripercussioni devastanti.
La popolazione si troverebbe a forte rischio di scivolare in un collettivo stress post-traumatico, dovuto alle regole che ci pongono in un continuo isolamento e in un perpetuo stato di paura, alimentato da “esimi esperti” con manie di protagonismo. E non facciamo nomi.
Ha ragione Bhattacharya dunque quando parla dei danni alla salute, virus a parte: “…I rischi clinici e psicologici derivati dalle restrizioni sono più gravi di quelli derivanti dal Covid…”.
Gli fa da eco Kulldorff: “…Il lockdown è il peggiore attacco alla working class dai tempi della segregazione e della guerra in Vietnam…”. Secondo il medesimo scienziato coloro che si ritrovano obbligati ad uscire per lavoro o per altre necessità starebbero costruendo quella famosa immunità di gregge che “prima o poi proteggerà tutti noi”.
Inoltre lo studioso svedese afferma che le restrizioni anti Covid stanno violando due principi cardine della medicina: in primis la mancanza della prevenzione per altre patologie (pare che ormai si muoia solo di questo maledetto virus) e, secondo, il “guardare a breve termine”, comportamento inammissibile per la scienza.
Kulldorff torna poi sulla questione dell’immunità di gregge che definisce “la parola più fraintesa del 2020”, considerato che chiunque osi avvalersi di questo termine è accusato di “omicidio di massa”.
La verità, secondo il docente, è che ogni epidemia si conclude con il raggiungimento di tale stato. Così è sempre stato, così sarà sempre: “…Da epidemiologo è molto strano affrontare questo discorso – conclude Kulldorff – i fisici non discutono se sia giusto o meno credere nella forza di gravità…”.
Vaia, Kulldorf e Bhattacharya sono solo alcuni dei nomi, tra medici e scienziati, che si dichiarano contro il lockdown. L’anno scorso fece scalpore la “Great Barrington Declaration”, una petizione che raccolse migliaia di firme tra gli esponenti della comunità scientifica mondiale, dichiaratasi contro queste misure costrittive.
Non si tratta di negazionismo ma di dati scientifici. Gli stessi che Ricciardi come altri colleghi pare non prendano sul serio:
“Le mascherine? Alle persone sane non servono a niente”, sosteneva il professore il 25 febbraio 2020. Altra chicca: “Il coronavirus va posto nei giusti termini. Su 100 malati 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili, muore solo il 5%”. Oppure: “Questa epidemia si rivelerà meno pericolosa di un’influenza stagionale”, dichiarava Ricciardi il 6 febbraio 2020. Vero o falso?
Il Covid da pandemia sta assumendo sempre più i connotati di un metodo di governo, con tanto di tentativi di infangare chiunque esprima un pensiero differente (ad esempio i medici che hanno infranto i protocolli ufficiali per curare i contagiati a domicilio. E con successo). Attenti al virus dunque ma anche ai nuovi dittatori del Covid.
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