ROMA – CONTE SALVATORE DELLA PATRIA? VEDREMO APPENA ARRIVERANNO I SOLDI E QUANTO CI COSTERANNO.

Grande vittoria o piccola sconfitta? Tutti esultano, anche Berlusconi e qualcuno parla già di Bicamerale per gestire con le opposizioni il fiume di denaro che arriverà dall'UE. Peccato che le bicamerali portano sfiga e i soldi verranno incassati non prima di fine 2021.

Roma – Successo internazionale italiano o grande bluff? La trattativa europea in merito al piano d’aiuto per i Paesi colpiti dall’epidemia prodotta dal Covid-19 si è conclusa da poco, e, senza alcun dubbio, ha rappresentato una delle pagine più importanti della storia diplomatica comunitaria.

Il Coronavirus ha posto l’Unione Europea davanti a una sfida nuova, probabilmente la più ardua dal dopo-guerra ad oggi, e la risposta introdotta da Bruxelles si è concretizzata nell’ormai famoso piano denominato Next Generation UE. L’operazione si andrà a collocare all’interno del quadro finanziario per il periodo 2021-2027, così come designato dal Consiglio Europeo dello scorso 21 luglio.

Giuseppe Conte, salvatore della patria o tutt’altro?

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Immediatamente dopo la risoluzione, con ineccepibile puntualità, sono arrivati i giudizi da parte delle più sparute opposizioni nazionali, desiderose di accrescere la propria notorietà locale attraverso una serie di critiche al trattato. Tra quelle che hanno goduto di maggiore eco non possiamo non citare quelle pervenute dalla terra dei Tulipani. Molto dure sono stare le parole del leader nazionalista Geert Wilders che, via Twitter, ha così sintetizzato il suo pensiero: “… Il Primo ministro italiano Giuseppe Conte è molto soddisfatto. Ottiene 82 miliardi di regali, dai nostri soldi, mentre gli italiani sono tre volte più ricchi degli olandesi. Perché difficilmente lì pagano le tasse. Ora li pagheremo, grazie alle ginocchia deboli di Rutte…”.

Mark Rutte che pare abbia dei problemi agli arti inferiori a sentire Geert Wilders.

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Una visione non isolata che in maniera saltuaria e maliziosa è stata ripresa da più compagini politiche. Nell’immaginario comunitario, dunque, emerge un’Italia regina nelle trattazioni intenzionali, che avrebbe goduto dell’appoggio politico e diplomatico di Germania e Francia. Una narrazione che sicuramente è stata assecondata ed esacerbata anche nel Bel Paese dove Conte, in breve tempo, è stato osannato come odierno salvatore della patria. Riconoscimento che in parte è stato condiviso anche dai leader della stessa opposizione nostrana. Ma allora se l’Italia è uscita così vittoriosa dal tavolo europeo perché gli euroscettici e gli economisti continuano ad avanzare critiche verso il Next Generation UE e tutto il pacchetto d’aiuti? L’economista Guido Salerno Aletta, ex direttore generale della Fondazione Ugo Bordoni ed ex vicesegretario generale di Palazzo Chigi, è stato tra i primi ad intervenire in merito e a fornire una particolare lettura dell’accordo:

Guido Salerno Aletta

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“…La Commissione europea – ha analizzato Guido Salerno Aletta – è stata autorizzata a finanziarsi sul mercato dei capitali per l’ammontare complessivo di 750 miliardi di euro, che erogherà agli Stati in ragione di 360 miliardi come prestiti (loan) e di 390 miliardi come trasferimenti (grant). La copertura finanziaria è assicurata dalla decisione di procedere all’aumento delle entrate proprie dell’Unione per un ammontare esattamente corrispondente alla somma richiesta al mercato, i citati 750 miliardi del NGUE: serve un extra contributo straordinario da parte degli Stati aderenti, pari allo 0,6% del PIL: si porta così il limite massimo del contributo annuo complessivo all’1,46% del PIL dell’Unione. Si comincia aumentando le tasse il 1° gennaio 2021, con un prelievo di 0,80 euro per chilogrammo sui rifiuti di plastica non riciclati. Nel primo semestre del 2021 sarà introdotto un “carbon border adjustment mechanism”. Una tassa sul digitale dovrebbe essere imposta al più tardi entro il 1° gennaio 2023. In prospettiva, c’è anche l’ipotesi di tassare le transazioni finanziarie (Financial Transaction Tax)…”.

Sostanzialmente tramite l’ammontare dello 0,6% del PIL, Bruxelles potrà eserciterà un finanziamento straordinario finalizzato anche al rimborso anticipato dei 360 miliardi di loan previsti nel piano. “…A garanzia dei prestatori di capitale – continua l’economista – questo aumento viene previsto fino al 2048, anno in cui si presume che saranno stati completati tutti i rimborsi da parte degli Stati beneficiari dei prestiti…Non ci sono i dati relativi alla disaggregazione del RRF tra i diversi Stati dell’Unione: c’è scritto solo che la allocazione avverrà sulla base dei parametri proposti dalla Commissione e che di regola la quota di loan non deve superare i 6,8% del PIL di ciascun Paese…”.

L’edificio della Commissione Europea

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Aletta successivamente analizza nello specifico il caso italiano e, secondo le teorie dell’economista, l’entusiasmo che nello Stivale ha suscitato l’accordo dovrebbe essere di gran lunga più moderato:

“…Se ora il Recovery è di soli 672,5 miliardi (e non più di 750 miliardi) – attacca Aletta – continuando ad applicare all’Italia la aliquota favorevole del 20,4%, (così come previsto nel primo piano ndr) nella ripartizione delle risorse, le erogazioni complessive scenderebbero a 137,2 miliardi (in luogo dei 153 miliardi ipotizzati con il Recovery Fund). Considerando che come regola generale viene indicata una percentuale di loan non eccedente il 6,8% del PIL di ciascun Paese, l’Italia potrebbe vedersi erogare prestiti per 121 miliardi (somma pari al 6,8% del PIL del 2019)…”.

Ursula von der Leyen, complice del piano?

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Una casualità? Non per l’ex vicesegretario generale di Palazzo Chigi che così conclude convinto:

“…Sono stati invece i Paesi frugali e la Germania a fare il pieno di sconti: la Germania si è fatta riconoscere uno sconto annuale sui versamenti in conto Risorse Proprie dell’Unione per 3.671 milioni di euro, confermando in pratica la riduzione sull’IVA dallo 0,3% allo 0,15% di cui ha già beneficiato nei sette anni scorsi; l’Olanda ha quasi triplicato lo sconto annuale, passando dai 686 milioni di euro del 2018 ai 1.921 del prossimo settennio. Il Premier Rutte ha usato l’Italia come un punching-ball; l’Austria è entrata, per la prima volta, nel novero dei Paesi che beneficiano degli sconti: con 565 milioni l’anno, anche il Premier Kurtz ha fatto marameo a tutti; la Svezia ha fatto il vero colpo gobbo: mentre nel 2018 beneficiava di uno sconto una tantum di appena 151 milioni di euro, versando risorse proprie per 3.797 milioni di euro, si è fatta riconoscere uno sconto annuo di 1.069 milioni di euro. Risparmierà un terzo…”.

A conti fatti, dunque, a chi è convenuto il Recovery Fund? Ai Paesi del Mediterraneo o ai Paesi del Nord Europa?

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L’UNIONE EUROPEA GABBIA PER I LAVORATORI.

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