Prima dell'epidemia Conte andava bene un po' per tutti. Oggi sta sullo stomaco dell'opposizione e di gran parte della maggioranza ma va bene lo stesso. L'osso duro sono i miliardi del Recovery Fund e la loro spartizione.
Roma – Da ieri ha avuto inizio la verifica della maggioranza. Il premier Conte convoca tutte le forze politiche per avere un quadro chiaro, con colori decisi e senza sfumature di grigio. Ogni critica mossa al governo dovrà essere dipanata da parte della stessa maggioranza in modo che sia adamantino il futuro percorso dell’esecutivo. In caso contrario Conte riferirà al Presidente della Repubblica in modo che possa assumere gli eventuali provvedimenti.
La prima delegazione ad essere ricevuta dal premier sarà quella del Movimento 5 Stelle. Seguirà il Partito Democratico, sempre oggi pomeriggio, e Italia Viva il cui leader Matteo Renzi aveva minacciato il ritiro del proprio sostegno al premier ed i suoi se Conte non rivedrà l’impianto del Recovery Plan italiano, a partire dal nodo della governance.
Poi sarà il turno della delegazione Leu che chiuderà gli incontri di Palazzo Chigi. Quale potrà essere l’esito di quello che si preferisce chiamare un “tagliando” per rinvigorire il “motore” del governo o per demolirlo, è difficile prevederlo. In un momento assai ballerino come questo speriamo non occorra sostituire la “testata“.
E’ probabile che la composizione del Consiglio dei Ministri venga modificata con diversi “ricambi originali” o spostamenti, nella peggiore delle ipotesi. Le riunioni sono, comunque, allargate ovvero potranno partecipare sia i leader, sia i capi-delegazione dei partiti ma anche i capigruppo parlamentari. La prudenza in questi casi non è mai troppa, specialmente in casa Pd e Cinque Stelle.
A guidare la delegazione dei Democratici sarà il segretario Nicola Zingaretti. Con lui prenderanno parte alla riunione il capo delegazione Dario Franceschini, i capigruppo Graziano Delrio, Andrea Marcucci, Andrea Orlando e Cecilia D’Elia. Conte fa sul serio e in molti, per paura di un imminente naufragio, hanno già alzato la bandiera bianca ed abbassato i toni sprezzanti delle scorse settimane. Tutto questo ancora prima della tenzone.
Certo c’è sempre il primo della classe, all’interno della maggioranza, che volendosi mettere in mostra farà le proposte più strampalate possibili. Tanto, di questi tempi, ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. Nulla di pericoloso, naturalmente, solo passaggi pubblicitari che inaugureranno l’avventuriero mondo dei cantastorie. C’è anche chi si prepara a contestare e sgomitare per contare di più nella suddivisione dei miliardi a pioggia che a partire dal 2021 dovrebbero entrare nelle casse pubbliche. Il condizionale è d’obbligo, come si dice.
Tutti i partiti della maggioranza hanno espresso critiche, con maggiore o minore vigore ed energia, sull’operato di Conte, ormai considerato dai più un solista più che un direttore d’orchestra. Certo è strano sentire questa critica vigorosa formulata da tutti indistintamente, opposizioni incluse, quando fino a febbraio scorso, poco prima che scoppiasse la pandemia, quella di Conte era considerata una personalità clonata da Salvini e Di Maio.
Insomma l’avvocato degli italiani, per i più, sarebbe diventato un burattino o, meglio, una controfigura. Comunque il Pd fa sapere che non ha intenzione di aprire alcuna crisi, almeno in un momento così grave per il Paese. Anzi i Dem si spingono oltre: il partito si impegnerà a contrastare ogni tentativo di utilizzare armi proprie e improprie per ribaltare l’attuale governo e la relativa “premiership”. Zingaretti, infatti, è molto attento a non determinare ulteriori strappi, consapevole che la conclusione anticipata dell’attuale esecutivo potrebbe essere un’avventura molto pericolosa, anche per la propria leadership.
In effetti una crisi al buio, come quella che potrebbe scoppiare, non prospetta alcunché di buono per il futuro della Repubblica. Una prudenza sulla quale si è allineato anche il Movimento 5 Stelle con una dichiarazione di Luigi Di Maio, il quale afferma che “ci sono cose che non vanno bene ma, comunque, non vogliamo sfasciare tutto”. Italia Viva invece chiede con una certa insistenza di rivedere il Recovery Plan. Renzi, però, ha escluso di porre ostacoli per ottenere qualche posto di rilievo in più.
Così anche il coordinatore di Italia Viva, Ettore Rosato, ha spiegato mettendo i puntini sulle i: “…La minaccia delle elezioni non ci fa paura – ha detto il rappresentante renziano – ed è una strategia che con noi non funziona, poiché poniamo solo questioni di metodo e di sostanza. L’obiettivo, infatti, non è defenestrare Conte ma lavorare seriamente sul Recovery, un’occasione, peraltro, unica che non si può sprecare…”.
Al di là delle apparenti dichiarazioni distensive di tutti i leader il vero problema è solo la suddivisione di oltre 200 miliardi di euro che non possono essere distribuiti senza il coinvolgimento di tutti i partiti. Questo il vero nodo da sciogliere per maggioranza e opposizione. Robba de gnente, direbbe Alberto Sordi.
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