Dopo la pandemia credevamo che lo stesso Draghi avesse imparato la lezione e da grande economista qual é ritenevamo spingesse l’acceleratore sulla sanità pubblica per rimediare a carenze ed organico. Invece no. Il Governo in carica ha scelto di aumentare la spesa pubblica per le armi nonostante l’Italia ripudi la guerra, cosi come dichiara la nostra Costituzione. Allora c’è qualcosa che non va. E gli italiani lo hanno percepito da tempo e lo dimostreranno alle prossime politiche.
Roma – Sono trascorsi due anni e qualche mese da quando è apparso all’orizzonte quel nemico invisibile, perciò perfido ed infido, il famigerato Covid-19, altrimenti detto Coronavirus, che tanti danni ha prodotto in tutto il mondo. Un organismo piccolissimo, invisibile all’occhio dell’uomo, che però si replica nelle sue cellule per poter creare tante copie di sé stesso, il figlio di puttana.
Abbiamo imparato a nostre spese le sue modalità di trasmissione, quando una persona infetta starnutisce, tossisce, parla o respira e si trova in prossimità di altri individui. Ma non solo. Le ignobili goccioline possono essere inalate o possono poggiarsi sulle più svariate superfici, come le maniglie di una porta, con cui si può venire a contatto e, quindi, infettarsi toccandosi il naso, bocca o occhi.
Questo è il motivo per cui siamo stati bombardati, giustamente, di consigli su come lavarsi, con correttezza e regolarità, le mani e pulire frequentemente le superfici. All’inizio il nemico invisibile ha mietuto moltissime vittime.
Sono rimaste nella nostra memoria, fisse, stagliate, nette, indelebili, le immagini della fila di camion militari che trasportavano bare di poveri cristi deceduti in solitudine senza poter avere la presenza dei propri cari per l’ultimo viaggio, nel marzo 2020. Camion con i colori mimetici che oggi sono diventati presenze fisse per altri motivi infausti: la guerra in Ucraina.
In quei drammatici momenti ci si è resi conto di quanto fosse importante avere una sanità pubblica efficiente e, soprattutto, diffusa sul territorio. Due categorie professionali, medici ed infermieri, spesso poco considerate fino a quel momento, sono balzati agli onori della cronaca per l’impegno profuso e l’abnegazione al dovere professionale.
Si pensava che la lezione su quali dovessero essere le priorità nell’agenda politica delle istituzioni governative, fosse servita. Ovvero la sanità in primis ed il lavoro poi. La prima perché ha a che fare con la salute pubblica, il secondo con la salute sociale della comunità. Ed invece dopo aver deciso di aumentare la spesa militare per le note vicende, si diminuisce la spesa sanitaria.
Se cresce una spesa, bisogna ridurne un’altra. Se compro armi, risparmio sulla salute. I soldi da qualche parte devono rientrare o no? Un ragionamento di una logica stringente, per le menti perverse che hanno a cuore solo gli interessi propri e delle lobbies da cui dipendono, infischiandosene di ciò che è più utile ai cittadini.
A lanciare l’allarme su questo aspetto riprovevole è stata la parlamentare di ManifestA, Doriana Sarli (ex Movimento 5 Stelle), che alla Camera dei Deputati presentando la risoluzione in risposta al Documento di Economia e Finanza, ha puntualmente dichiarato alla stampa:
“…Dopo due anni di emergenza sanitaria, con un servizio sanitario nazionale in ginocchio – ha detto l’on. Sarli – migliaia di vite distrutte, ingenti sacrifici e restrizioni richieste a tutta la popolazione, il Governo che fa? Ridimensiona la spesa sanitaria di un punto di Pil in 3 anni, parliamo di 3 miliardi in meno. Una follia…
…Siamo quart’ultimi in Europa per investimenti in istruzione e ricerca e come rimediamo? Con un progressivo disinvestimento: entro il 2025 il Pil destinato a scuola ed università si ridurrà di mezzo punto percentuale…”.
Sarli, insieme alla collega Yana Ehm (ex Movimento 5 Stelle, ora nel Gruppo Misto), ha definito il Def “…Una vergogna, che non tiene conto della guerra e della pandemia…”.
Una scelta di questo tipo non fa che esacerbare una situazione già di per sé complicata. Infatti la riduzione di risorse finanziarie va ad inserirsi in un contesto di criticità per la medicina territoriale, a cui è demandato il ruolo di sentinella della salute collettiva.
La Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) ha calcolato che entro il 2027 andranno in pensione circa 35.200 professionisti e che chiuderanno 5.080 ambulatori, con 15 milioni di cittadini senza un referente sanitario sul territorio. La decisione di ridurre le risorse finanziarie per la sanità ha completato l’opera di distruzione.
In piena crisi ucraina, il 16 marzo scorso, la Camera dei Deputati ha approvato un ordine del giorno che impegna il nostro Paese ad allinearsi alle indicazioni della Nato, aumentando le spese militari. Un incremento degli investimenti nella difesa che sarà molto consistente. Nel giro dei prossimi sei anni, arriveremo a stanziare il 2% del nostro Prodotto Interno lordo, contro l’attuale 1,5%. I soldi per le armi ci sono, per la sanità no. Poveri noi!