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Draghi molla? Fra guerra e riforme il piatto piange

Il leader non intende precludersi altri incarichi prestigiosi e del resto la stanchezza accumulata con una maggioranza cosi litigiosa potrebbe giustificare appieno le sue eventuali dimissioni. Ovviamente si andrebbe alle elezioni anticipate e rimarrebbero mille cose da fare. Mentre l’Italia si avvicina sempre di più sull’orlo del baratro.

Roma – La pressione su Putin aumenta sempre di più e non è detto che sia un bene. La Commissione Europea, infatti, valuta l’ipotesi embargo sul petrolio russo e le ulteriori sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina. Ma ancora nulla si dice sulle possibili strategie di mediazione, opportune per il raggiungimento dello stop alla guerra dopo quasi due mesi di morti, violenze e saccheggiamenti. L’unica azione realizzata dai rappresentanti europei, nei confronti di Putin, è l’adozione di sanzioni ma del dialogo per la pace nessuna notizia.

L’embargo sul petrolio russo colpirà tutti?

Intanto le acque sono agitate nella politica italiana ed i partiti sono in continuo fermento per la catena di elezioni che ci saranno fino al prossimo anno. Una competizione lunga che sta sfibrando il Governo, alle prese con le difficoltà sociali, economiche ed internazionali.

Mario Draghi appare stanco delle continue liti che proliferano nella sua eterogenea maggioranza e da indiscrezioni fondate sembra che sia arrivato l’input di preparare la Legge di Bilancio. I brividi, allora, hanno cominciato a pervadere i singoli leader che sentono odore di elezioni anticipate, anche se di qualche mese.

Mario Draghi

La sensazione è che il Premier intenda dimettersi fra qualche mese, dopo le amministrative, ma l’interessato logicamente smentisce l’intenzione di volere lasciare l’Italia in balia di una nave in tempesta, in cui la ciurma la ciurma scalpita, pur senza avere veramente voglia di un vero ammutinamento.

Però se davvero Draghi non ha alcuna intenzione di lasciare il timone, perché anticipare la Finanziaria da dicembre all’estate? Un interrogativo inquietante, che sorprende e induce a doverose considerazioni, almeno in ordine alla situazione che ha determinato il suo incarico.

Infatti, pur sembrando inverosimile, la svolta che il Presidente del Consiglio intende imprimere sembra diretta verso quell’infausta decisione, poiché una volta fatta la manovra di bilancio, con la pandemia ormai sotto controllo e il Pnrr bene o male delineato, il compito di Draghi è sostanzialmente finito.

Il Presidente del Consiglio

E a questo punto si intersecano diverse motivazioni che potrebbero determinare l’abbandono del Governo, come l’interesse alla guida della Nato, della Banca Mondiale o della presidenza della Commissione Europea. Insomma una serie di opportunità che, con molta probabilità, il premier non intende precludersi.

Senza parlare che con l’addio anticipato lascerebbe il nodo della riforma delle pensioni, che in ogni caso andrebbe fatta entro fine anno, al nuovo Esecutivo che uscirebbe, con molta probabilità, dalle prossime elezioni.

E’ evidente che, cosi facendo, finisce nel dimenticatoio la riforma della legge elettorale, Dunque si andrebbe quindi alle urne con il Rosatellum sistema misto, con un terzo di maggioritario e due terzi di proporzionale, che obbliga i partiti a stringere alleanze prima del voto.

Nel Centrodestra, nonostante le liti e le incomprensioni nate dopo la rielezione di Mattarella, si dovrebbe trovare per forza un minimo comune denominatore e capire se ancora oggi sarebbe valida la regola che, in caso di vittoria, il premier diventa il leader del primo partito dello schieramento oppure se si opterà per il sorteggio.

Giorgia Meloni, stando ai sondaggi, ha iniziato da tempo gli allenamenti. Sul fronte opposto Enrico Letta e il Partito Democratico saranno inevitabilmente costretti ad allearsi con il Movimento 5 Stelle, malgrado la guerra in Ucraina abbia reso più distanti i due partiti.

Da valutare che cosa farà il centro, Calenda-Più Europa, Renzi, Coraggio Italia e tutte le altre formazioni moderate. In sostanza queste ultime dovranno decidere se trovare un’intesa con una delle due principali coalizioni, oppure provare a far nascere un nuovo schieramento. Il rincorrersi delle voci di dimissioni forse sono una boutade o una provocazione, oppure solo un nefasto avvertimento.

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