PERUGIA – PER LORO NON C’ERANO SEGRETI: ALLA SBARRA FUZIO E PALAMARA

Fuzio avrebbe agito “su istigazione” di Palamara, rivelando l’arrivo di un esposto, presentato da Stefano Fava, al Comitato di presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura.

PerugiaRiccardo Fuzio, ex procuratore generale della Cassazione e membro del Csm, e Luca Palamara sono stati rinviati a giudizio dalla Procura di Perugia con l’accusa di concorso in rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.

Fuzio avrebbe agito “su istigazione” di Palamara, rivelando l’arrivo di un esposto, presentato da Stefano Fava, al Comitato di presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura. Tale esposto riguardava comportamenti “asseritamente scorretti” tenuti dall’ex procuratore Giuseppe Pignatone.

Riccardo Fuzio

Secondo l’accusa Fuzio avrebbe rivelato a Palamara che il Comitato di presidenza del Csm era intenzionato a verificare la fondatezza di tali fatti.

Secondo la Procura di Perugia, Palamara concorreva nel reato e avrebbe pertanto chiesto all’ex procuratore generale della Cassazione di verificare personalmente che l’esposto fosse stato presentato.

Tali fatti si collocano all’inizio di aprile 2019.

Anche il magistrato Stefano Fava è coinvolto nella richiesta di rinvio a giudizio, accusato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (il fatto risale a maggio 2019).

La Procura di Perugia contesta inoltre a Fava l’introduzione abusiva in un applicativo del Ministero della Giustizia per la digitalizzazione degli atti, acquisendo in tal modo i verbali dell’udienza e della sentenza di un procedimento “per ragioni estranee” a quelle che effettivamente gli competevano.

Lo scopo, secondo l’accusa, era l’innesco di una campagna mediatica volta a danneggiare Pignatone, il quale aveva appena abbandonato la guida della procura di Roma, e l’aggiunto Paolo Ielo.

Giuseppe Pignatone

Fava e Palamara sono inoltre accusati di avere rivelato alla stampa notizie “d’ufficio che sarebbero dovute rimanere segrete”, come ad esempio l’indagine per bancarotta fraudolenta e frode fiscale che vedeva protagonista l’avvocato Pietro Amara, nei cui confronti Fava aveva disposto una misura cautelare per la quale non era tuttavia stato “apposto il visto”.

È stato poi richiesto, per Stefano Fava, il processo per abuso d’ufficio: quale sostituto procuratore a Roma, sarebbe entrato in possesso – ed in seguito avrebbe rivelato – atti di alcuni procedimenti penali allo scopo di avviare un procedimento disciplinare nei confronti di Pignatone (all’epoca procuratore).

Avrebbe inoltre raccolto informazioni volte ad infamare Ielo, per cui ci sarebbe stata anche l’apertura di un fascicolo a Perugia.

Paolo Ielo

Fava dovrà rispondere anche dello svolgimento di accertamenti investigativi “raccogliendo atti di procedimenti penali a lui non assegnati”, volti a dimostrare l’incompatibilità dei due magistrati e la violazione dell’obbligo di astensione.

Fava aveva inoltre presentato un esposto al Csm in cui – secondo l’accusa – veniva riportava una versione appositamente incompleta “degli atti adottati dal procuratore in ordine a supposte ragioni di incompatibilità per la trattazione di alcuni procedimenti”.

Il 13 maggio si terrà l’udienza preliminare in cui verrà esaminata la richiesta di rinvio a giudizio.

 

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