Patente e libretto prego: volevo solo un panino!

A parte che in autogrill la ressa è tale che nessuno chiede nulla se ti siedi ai tavoli per il resto i controlli del Green-pass da parte di barman e ristoratori rimangono sulla carta. E non poteva essere diversamente nell’assenza di direttive chiare e non contraddittorie. Troppi i dubbi sui poteri/doveri degli esercenti.

Roma – Un paio di Lettori ci hanno scritto in merito al Green-pass chiedendoci se l’oste di una trattoria di borgata può chiedere o meno i documenti d’identità come fanno i carabinieri. Credo di si, ho risposto titubante, se lo dice il Viminale lo possono fare. Sarà che a chef e titolari di ristoranti sarà stata riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale o, che so io, quella di incaricato di pubblico servizio.

A dire il vero l’altro ieri il ministro dell’Interno aveva spiegato esplicitamente ciò che potevano e non potevano fare i proprietari di ristoranti o i loro dipendenti, quest’ultimi ancora meno titolati a chiedere le generalità del cliente munito del lasciapassare:

“…Il ristoratore deve chiedere il Green Pass, ma non spetta a lui controllare i documenti dei clienti – aveva detto Lamorgeseper cui i gestori dei locali non sono tenuti a chiedere patente o carta d’identità. La nostra polizia amministrativa, oltre a continuare a presidiare il territorio, farà controlli a campione a supporto dei pubblici esercizi. Vista la confusione che c’è stata, ci sarà una circolare del Viminale per fare chiarezza...”.

La circolare ministeriale è puntualmente arrivata ma in quanto a chiarezza siamo alle solite: “… E’ un vero e proprio obbligo da parte dell’esercente verificare il possesso della certificazione verde da parte dei soggetti che intendano accedere alle attività per le quali essa è prescritta – dunque bar e ristoranti al chiuso ma anche teatri o cinema – I proprietari e gestori di queste attività non devono chiedere anche il documento d’identità per una verifica a meno che non vi siano casi di palese falsità...”.

Luciana Lamorgese

In buona sostanza se il fiuto da poliziotto del padrone dell’osteria da Pino, quella sotto casa che vende vino sfuso e affettati a richiesta, lo portasse a ipotizzare che quel cliente appena entrato nel locale per cenare abbia esibito un Green-pass falso, e solo allora, potrebbe/dovrebbe chiedergli patente e libretto.

Ci siamo chiesti: come farà don Pino a sospettare l’illecito? E in caso di flagranza, ovvero di Green-pass palesemente falso, oltre a non far sedere al tavolo il “presunto” furbacchione, che cosa dovrà e potrà fare? E qui la circolare spiega poco o nulla, e indica norme di comportamento che crediamo non sia possibile attuare nella realtà:

“… La verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione verde ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione medesima – si legge nella ministeriale – tale verifica si renderà comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme. Come ad esempio quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione...Nelle suindicate fattispecie l’avventore è tenuto all’esibizione del documento di identità…Il controllo deve essere svolto con modalità che tutelino la riservatezza della personaQualora si accerti la non corrispondenza fra il possessore della certificazione e l’intestatario della medesima, la sanzione si applica solo all’avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità a carico dell’esercente...”.

Prima si parla di discrezionalità, poi di obbligo per don Pino il quale dovrà necessariamente “scoprire” l’avventore furbacchione se vorrà controllarne i documenti. Tutto questo “sottovoce” per evitare che gli altri clienti, nel frattempo accalcati e incazzati neri sulla porta d’ingresso, non sentano gli sproloqui dei due contendenti che iniziano a litigare. A ragione. Ma non è tutto.

Qualora però il furbacchione venga preso sul fattaccio la sanzione che ne deriva vale solo per quel lestofante del cliente e non per il gestore. Ovviamente. Ma chi dovrebbe, e come, erogare la sanzione? Si tratterebbe soltanto di una sanzione pecuniaria (per erogare la quale occorre redigere un verbale di contestazione immediata di illecito amministrativo) od anche di una denuncia penale per falso? Chi dovrebbe (e non solo potrebbe) riferire al magistrato di turno la notizia di reato? Don Pino?

E di contro: accortosi della bravata del furbetto don Pino dovrebbe chiamare i carabinieri? Magari a ridosso dell’ora di pranzo quando don Pino ha il locale pieno zeppo di persone affamate? Oppure? Alternative? Altre soluzioni? La ministeriale non dice altro. Ma anche il Garante della Privacy, che sulle prime appena sentito parlare di Green-pass era insorto sulle barricate, ha detto la sua: don Pino è autorizzato ad effettuare anche i controlli dei documenti d’identità come se fosse quel mio amico poliziotto che lavora in questura. Né più, né meno.

Ressa in autogrill, stipati come sardine e nessuno controlla per sedersi ai tavoli

Ma Luciana Lamorgese non aveva detto l’esatto contrario? Ma da quando un privato può chiedere documenti d’identità e/o di riconoscimento ad un altro privato? Com’è possibile atteso che nemmeno la guardia giurata a servizio specifico (e qualora non eserciti funzioni di ausiliario di polizia giudiziaria e/o di pubblica sicurezza) può richiedere l’esibizione di detti documenti?

“…Per verificare se una Certificazione verde è autentica bisogna utilizzare l’app gratuita VerificaC19 installata su un dispositivo mobile su cui non è necessario avere una connessione internet – scrivono dal Mininternol’app non memorizza le informazioni personali sul dispositivo del verificatore...”.

E per eventuali riscontri di persone che hanno esibito lasciapassare falsi o generalità fasulle come farà don Pino a dimostrare il comportamento illecito del cliente furbacchione? Non rischierebbe una denuncia per dichiarazioni mendaci? Se non peggio?

Il Viminale, nella sua circolare, è perentorio con don Pino e con tutti i suoi colleghi:

Don Pino ne ha piene le scatole

“...Massima attenzione nelle attività di verifica e controllo sull’impiego delle certificazioni – c’è scritto sulla ministeriale – anche con specifico riferimento alle aree maggiormente interessate alla presenza di attività sottoposte a verifica, facendone oggetto di apposita programmazione in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza...”.

Abbiamo fatto fatica per convincere don Pino a rimanere con la saracinesca alzata. Voleva fuggire via gettando nel pattume grembiule. guanti e mascherina. Mi ha confessato che ne ha piene le scatole.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa