Mezzogiorno in caduta libera, solo tante chiacchiere e promesse non mantenute

Banca d’Italia, con il suo ultimo rapporto sul divario Nord-Sud, propone una ricetta miracolosa per sanare una questione che si trascina da secoli. Peccato che le banche stesse abbiano giocato un ruolo importante nel peggioramento continuo della crisi in cui versiamo sino ad oggi.

Roma – È stato recentemente presentato il rapporto “Il divario Nord-Sud, sviluppo economico e intervento pubblico“, a cura degli economisti della Banca d’Italia. È emerso il grande ritardo dello sviluppo economico del Sud, da cui scaturiscono profonde disuguaglianze economiche e sociali che incidono su tutta l’economia nazionale. Non c’era bisogno né dell’ennesimo rapporto e neppure di un convegno per esserne consapevoli. È diventato un refrain alquanto stucchevole.

Ignazio Visco

Un fatto di rilievo, se non altro, è la provenienza del rapporto, che è stato redatto dalla massima istituzione finanziaria nazionale. Il governatore Ignazio Visco, accennando all’annoso problema della cosiddetta questione meridionale, ha commentato il fenomeno con parole di speranza.

“…All’uscita dalla crisi pandemica, seppure in un contesto quanto mai incerto, a causa del conflitto in Ucraina – afferma Visco – la nuova stagione progettuale avviata con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza offre una straordinaria opportunità per aggredire i fattori di ritardo della nostra economia e di rafforzare la coesione territoriale del Paese…”.

Tuttavia, come evidenziato dallo studio, il peso economico del Meridione, nel decennio che ha preceduto la pandemia, è diminuito vertiginosamente. Sia in termini di tassi occupazionali che di prodotto pro capite rispetto alle altre realtà territoriali.

Paradossalmente il risanamento pubblico, necessario per frenare l’aumento del debito e la scarsa solidità del settore privato, hanno rallentato gli investimenti a causa della riduzione dei trasferimenti destinati al Sud e alle isole. Ci troviamo di fronte ad un sistema produttivo la cui peculiarità è la prevalenza di microimprese.

È già stato ripetuto più volte: il mercato del lavoro, soprattutto per le donne, è tra i peggiori in Europa, mentre molti giovani non studiano, non lavorano, né compiono attività di formazione. La disoccupazione rappresenta la causa principale dell’elevata diseguaglianza dei redditi familiari. La debolezza del sistema produttivo è inasprita da un intervento pubblico non all’altezza.

Il ritardo nella dotazione di infrastrutture si allarga sempre di più insieme al propagarsi di fenomeni illegali e della criminalità organizzata. Questi aspetti, oltre a incidere sulla qualità della vita dei cittadini, impongono costi ulteriori alle imprese, drogando il mercato.

Secondo il rapporto l’intervento pubblico è una conditio sine qua non per ogni altra politica a favore dello sviluppo del Mezzogiorno. I punti cardine sono quelli che ormai conosciamo a menadito. Riduzione dei templi biblici della giustizia civile e amministrativa, investimenti nell’istruzione, incentivi alle realtà più dinamiche delle imprese.

Il primo obiettivo è la crescita qualitativa dell’intervento pubblico, attingendo alle risorse del Pnrr e agli altri programmi nazionali ed europei. È necessario mettere in moto un processo più efficace della governance degli interventi pubblici, un rafforzamento dei servizi della Pubblica Amministrazione e favorire un orientamento più proiettato al raggiungimento dei risultati.

Di fondamentale importanza poi il sostegno all’iniziativa privata, per portare a un calo del divario infrastrutturale del Meridione e una crescita qualitativa del tessuto produttivo.

Tutte queste criticità del Mezzogiorno erano già conosciute. Se ne parla in continuazione, senza mai cavare un ragno dal buco. Anzi, è sorprendente che un rapporto redatto da Banca d’Italia non abbia tenuto conto dell’economia sommersa che, piaccia o meno, produce una ricchezza concreta ma di cui non si tiene conto. 

Negli ultimi 35 anni, sono stati diciotto gli scandali che hanno investito le banche italiane. Bilanci truccati e investimenti dei risparmi di molti clienti su titoli farlocchi. Gestioni sconsiderate che hanno divorato il 13% del Pil, con conseguenze disastrose sull’economia nazionale.

Banca d’Italia, l’ente che avrebbe dovuto controllare, nel migliore dei casi dormiva e nel peggiore era collusa. Ora ci viene a indicare le soluzioni migliori per lo sviluppo del Mezzogiorno? Possibile fidarsi di chi non svolge con puntualità nemmeno il proprio dovere?

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