I due ragazzini avevano visto, o sentito, oppure avevano fatto qualcosa che ne avrebbe decretato la morte e la distruzione dei loro corpi. Qualcuno che sa c’è ancora ma a trent’anni di distanza le indagini segnano il passo e rischiano di nuovo l’archiviazione. Depistaggi e avvistamenti dei due giovani non confermati hanno rallentato notevolmente l’inchiesta.
Casteldaccia – A trent’anni di distanza dalla scomparsa di Mariano Farina e Salvatore Colletta, i due ragazzini di 12 e 15 anni, diventati fantasmi il 31 marzo del 1992, sul fronte investigativo rimane degna di nota la pista che ha portato i carabinieri, l’estate scorsa, nella villa di un imprenditore vicino all’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino.
La lussuosa dimora, già nei fascicoli dell’indagine anni addietro unitamente ad altre lussuose abitazioni di boss e gregari della mafia, si trova sul lungomare di Casteldaccia, in contrada Gelso, non lontano dalla spiaggia dove i due ragazzini avevano consumato una colazione il giorno stesso della misteriosa sparizione. Meno di un anno fa carabinieri effettuavano un sopralluogo in quella villa accompagnati da Ciro Colletta, 42 anni, fratello di Salvatore, che nel 1992 aveva riferito agli inquirenti di una casa residenziale dove sarebbe stato il giorno prima della scomparsa dei due ragazzini, proprio con uno di loro, Mariano, ed un suo amico.
Ciro aveva raccontato di aver rubato qualcosa in quella villa ma descrivendo l’edificio il giovane aveva sviato gli investigatori che individuavano una villa diversa da quella dove si sarebbe consumato il furto. Ricordiamo che i due ragazzini, quel maledetto 31 marzo del 1992, avevano marinato la scuola. A bordo di uno scooter guidato da un loro amico, Giovanni Montalto, i due compagni si erano fatti accompagnare in spiaggia dove avevano mangiato biscotti e succhi di frutta che avevano acquistato a credito in una salumeria del paese.
In quel tratto di spiaggia sorgevano le lussuose magioni di Tommaso Spadaro e Filippo Marchese, considerati personaggi di spicco di Cosa Nostra. Dunque che cosa avevano combinato i due ragazzini tanto da deciderne l’eliminazione?
Nel 2019, in uno stabile di via Schettino, nel centro storico di Casteldaccia, dentro una cisterna erano stati scoperti gli involucri di plastica che avvolgevano le merendine che i due amichetti avevano comprato prima di giungere in spiaggia. I reperti erano stati acquisiti dalla Distrettuale antimafia di Palermo ma gli accertamenti scientifici non avrebbero portato a nulla di importante ai fini dell’indagine.
A seguito del ritrovamento erano stati iscritti sul registro degli indagati Vincenzo Rosselli, 41 anni, all’epoca dei fatti amico dei due adolescenti scomparsi, e lo zio Guido, i quali avevano in uso l’appartamento all’interno del quale erano stati ritrovati gli involucri di cellophane. Anche in questa direzione le indagini ben presto si arenavano. Del resto la pista mafiosa era stata presa in considerazione sin da subito anche per diversi depistaggi e segnalazioni inattendibili dei due ragazzi avvistati in località diverse dell’isola.
L’anno scorso, nell’ambito delle ultime indagini condotte dai sostituti procuratori Francesca Mazzocco e Gaspare Spedale, Ciro Colletta veniva ascoltato ancora una volta dagli inquirenti ai quali avrebbe fornito particolari molto più precisi su quanto accaduto a suo tempo:
”…Farina fece il bagno a mare e poi entrò in una villa, per farsi la doccia – raccontava Ciro Colletta – non voleva che sua madre sentisse l’odore della salsedine ma in quella villa non c’era l’acqua. Mariano si spostò nell’abitazione accanto quando lo sentimmo esclamare: guarda che c’è qua, il ben di Dio…C’era una grande gabbia, con un merlo indiano. C’era anche un coniglio. E poi ancora una gabbia vuota, una canna da pesca. I ragazzi si divisero la refurtiva…”.
Da qui le verifiche dei carabinieri sui luoghi dove Mariano e Salvatore avrebbero poi incontrato qualcuno. Un incontro che avrebbero pagato con la vita:
“…Le indagini devono proseguire – dice l’avvocato Bonaventura Zizzo, legale della famiglia Colletta – la pista deve essere approfondita. Altre persone potrebbero conoscere particolari importanti sulle ultime risultanze emerse…”.
Quella villa sulla statale 113, dove i due amici tornarono il giorno della loro sparizione, è stata confiscata e nel contempo sarebbe spuntata fuori la voce di un pentito, tale Giuseppe Carbone: ”…Una volta ne parlai con gli Scaduto (mafiosi della zona, ndr) e mi dissero: chissà che cosa hanno visto entrando in qualche villa. E magari li hanno sciolti nell’acido…”. L’inchiesta dovrebbe proseguire con rinnovato vigore.
Nel frattempo il 31 marzo prossimo, alle ore 17, presso contrada Gelso, davanti al “Terzo ingresso”, a Casteldaccia, si svolgerà la manifestazione in memoria dei due amici scomparsi, alla presenza delle autorità civili e istituzionali, per tenere accesi i riflettori dopo 30 anni di ricerca della verità.