L’Italia vacilla: carovita, scioperi e incertezza

Il momento è davvero dei più neri mai trascorsi. Sotto certi aspetti ancora più pesante rispetto agli inizi della pandemia. Gli aumenti di generi di prima necessità variano dal 30 al 50% e a questi si aggiungono i prezzi dei carburanti alle stelle. Le rassicurazioni di Draghi non riescono a convincere gli italiani che non possono più aspettare le calende greche. Occorre mettere mano alle accise. E subito.

Roma _ Le riforme nel cassetto, il carovita, scioperi, aumento dei contagi, carburanti alle stelle, povertà e guerra sono parte delle iatture che ci stanno piovendo addosso. Come si potrà ripartire con questa economia che ci sta stritolando? Nemmeno il tempo di uscire dalla maledizione del virus che scoppia la guerra in Europa. Roba da non credere. Eppure qualcosa si deve pur fare perché l’indigenza conta già numeri altissimi e che tendono al rialzo, come benzina e diesel.

E per chi ha finito di lavorare la situazione è anche peggiore. La riforma delle pensioni, infatti, è in lista di attesa come le altre. Il Governo Draghi è entrato in carica nel periodo in cui la crisi economica dovuta alla pandemia aveva raggiunto livelli da allarme rosso. Una disgrazia tale da portare PIL a livelli davvero alti. Il Governo non ha potuto fare altro che inserire Quota 102 come misura ponte per l’anno in corso. Nulla di più.

Mario Draghi

L’Esecutivo, peraltro, ha ribadito in più occasioni che l’unico modo di concedere l’anticipo della pensione è con il contributivo di fatto facendo ricadere il costo dell’anticipo sulle spalle dei lavoratori che avranno diritto ad un assegno pensionistico più basso a fronte di quanto pagato durante il periodo di attività. .

L’attuale legge Fornero, proprio per contenere la spesa pubblica, offre possibilità di pensionamento con requisiti molto rigidi che concedono l’opportunità di quiescenza a chi raggiunge i 67 anni di età o a chi ha lavorato almeno 43 anni (42 anni per le donne). Difficilmente questi requisiti potranno essere aboliti per prevedere uscite più flessibili.

Sicuramente la riforma su cui Governo e parti sociali stanno lavorando introdurrà qualche altra misura meno rigida come, ad esempio, la pensione a 62 anni che però si andrà ad affiancare soltanto alla legge Fornero, senza sostituirla.

Quest’ultima, come tutti ricordano, era stata introdotta dal Governo tecnico di Mario Monti come scelta obbligata per ridurre il debito pubblico (PIL). Per raggiungere tale obiettivo e ridurre la spesa pubblica il primo passo che è stato fatto è stato quello di ridurre la spesa pensionistica, per tentare di non fare andare in rosso i conti pubblici.

Mario Monti

Ma non può essere sempre la strada maestra da percorrere e certamente il sistema previdenziale va migliorato, e di molto. Intanto con l’inizio del prossimo anno sarà necessario modificare l’assegno per equilibrare la cifra che spetta ad ogni singolo pensionato. Infatti ad inizio 2023 l’Inps dovrebbe procedere ad un aumento retroattivo degli assegni, considerato l’adeguamento al ribasso che è già scattato dal 1° marzo 2022 sul parametro di rivalutazione.

All’inizio di quest’anno la rivalutazione provvisoria degli assegni era stata fissata all’1,7%, un dato maggiore rispetto a quello preso in considerazione dall’Inps dello scorso autunno, che equivaleva all’1,6 %. Per questo motivo le modifiche che hanno interessato gli importi dal primo gennaio si sono basati sul secondo dato per poi procedere a conguaglio con il cedolino del primo marzo.

Daniele Franco, ministro dell’Economia e delle Finanze

Infatti, la rivalutazione degli assegni viene effettuata in modo provvisorio per poi essere rivisitata con i successivi conguagli, come se nell’immediato i calcoli non potessero essere fatti. Contemporaneamente è successo che l’Istat ha comunicato che per l’anno 2021 l’inflazione ha toccato l’1,9%, di conseguenza si è definito uno scarto dello 0,2% tra il tasso provvisorio preso in carico dall’Inps e quello reale e definitivo.

Il decreto del Ministero del Tesoro, come sempre alla fine di ogni anno, comunica il dato finale e per quanto concerne il periodo che va da gennaio a settembre del 2021, è stato rilevato un tasso all’1,7%. Nell’ultimo trimestre invece è stata rilevata una impennata dell’inflazione arrivata all’1,9%. Pertanto, a gennaio 2023 si procederà al conguaglio. Meglio tardi che mai.

Stando cosi le cose gli aumenti delle pensioni 2023 saranno effettuati in base alla fascia di reddito da pensione su base annuale. Inoltre ad ognuno dei singoli incrementi va sommato quello scattato quest’anno che ha portato nelle tasche dei pensionati, con la rivalutazione piena, tra i 25 e i 70 euro in più su base mensile. L’equivalente di una mezza spesa al supermercato che, fra qualche giorno, potrebbe diventare un terzo di spesa e cosi via. .

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