Letta fa marcia indietro: armi? Meglio negoziati e cessate il fuoco

Il segretario del Pd, forse fiutando un’eccessiva impopolarità nella scelta di incentivare l’invio di armanenti all’Ucraina, ha tirato i remi in barca: più delle armi potrebbero servire negoziati veri e un cessate il fuoco immediato. I problemi con i Cinque Stelle sono più che evidenti e l’alleanza vacilla. È probabile che le famose liste condivise non si faranno alle prossime politiche del 2023.

Roma – Man mano che i giorni del conflitto Russo-Ucraino si allungano, le posizioni dei partiti cominciano a modificarsi. Forse a causa della volontà popolare che reclama pace, mediazione e neutralità ad ogni guerra. Anche Enrico Letta, infatti, ha cominciato a ragionare sulle possibile condizioni per un cessate il fuoco oltre che per un vero negoziato. Parole ben diverse dal sostegno incondizionato, anche militare, che dal Nazareno arrivavano fino a pochi giorni fa all’unisono, in favore della resistenza ucraina. Ma il Pd non è compatto.

La guerra prosegue senza esclusione di colpi. Foto Adnkronos

Sul fronte opposto, invece, spiccano come macigni le parole del sindaco di Firenze Dario Nardella, ex renziano e vicino alle posizioni di Base Riformista. Il primo cittadino toscano è del parere che se si vuol proseguire l’alleanza con il M5S, vanno sciolti subito i nodi sulla politica estera, sulla giustizia sociale e i diritti civili: “…Sono temi fondamentali, altrimenti su quali basi la costruiamo la coalizione?..”. Insomma secondo Nardella per il Pd non deve esserci nessuna alleanza a scatola chiusa. Prima occorre trovare una vera condivisione sui temi e i valori di fondo, poi ognuno potrà marcare la propria identità.

D’altronde come si possono continuare a ritenere alleati due partiti come il Pd ed il M5s, divisi su temi fondamentali come quello dell’invio delle armi all’Ucraina? Il rischio è che il centrosinistra, troppo diseguale in ogni sua componente, possa seriamente disgregarsi. Ecco dunque un parziale cambio di rotta del segretario Dem che si presenta meno “guerrafondaio” di qualche giorno fa. Mentre Letta insegue Conte sulla guerra, una parte del Pd attacca il leader pentastellato proprio sulla nuova linea sposata dal Nazareno, scavando così un solco pericoloso tra gli stessi Democratici.

Il “NO” di Conte sull’invio delle armi in Ucraina

Ma al di là di tante suggestioni il Pd, a rischio impopolarità, rimane ancorato sulla linea Draghi-Guerini-Di Maio. Questi i fatti. Peraltro anche Calenda, che nei piani di Letta avrebbe dovuto partecipare al campo largo anti-destre alle prossime politiche, prende il volo dalla “gabbia ideata dal segretario del partito democratico” e andrà da solo per rifondare un’area centrale che di moderato ha molto poco. “…Se io non faccio questo, che cosa succederà alle prossime elezioni? Si presenta la sinistra che non governa, la destra che non governa e che cosa fanno il giorno dopo le elezioni..?”. Così giustifica la sua scelta il segretario di Azione.

Mario Draghi – Enrico Letta – Giuseppe Conte

Sarebbe inevitabile per Calenda andare senza Letta e senza Conte alle prossime elezioni nazionali. A questo punto l’alleanza giallo-rossa si farà davvero? La linea semi–pacifista di Draghi, così facendo, sta portando al naufragio il centrosinistra e il tanto sospirato e ricercato “campo largo” di Enrico Letta. In buona sostanza dal viaggio del Presidente del Consiglio alla Casa Bianca è cambiato tutto. In ogni caso i 5 Stelle vorrebbero esprimersi sulla linea da seguire per l’invio delle armi all’Ucraina, mentre gli altri partiti sono più attendisti.

Matteo Salvini

“…Quando il Parlamento si esprime è sempre positivo, tuttavia in un momento difficile come questo la Lega intende proporsi come un elemento di stabilitàafferma Matteo Salvini – per questo riteniamo giusto sentire cosa ha da dire il premier e comprendere qual è la sua strategia circa la linea che l’Italia dovrebbe assumere, nel caso in cui la guerra si prolungasse. Poi faremo le nostre valutazioni politiche…”.

Intanto nei sondaggi Fratelli d’Italia allunga la distanza staccando il Pd. Fdi, infatti, tocca il 21,5%, mentre i Dem sono al 21,3%. Decimali di scarsa importanza, ma che confermano la stabilità del trend di crescita della Meloni. Sul podio anche la Lega che sfiora il 16%, mentre il M5S è al 13,3%. Gli altri seguono con percentuali diciamo irrisorie. A confronto.

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