L’invenzione di Guglielmo Marconi è giunta inalterata ai giorni nostri con la sua prorompente funzione sociale. Laddove Internet è ancora una chimera le popolazioni più povere si servono della radio per sapere che cosa succede nel mondo. In periodo di pandemia la sua presenza è stata basilare per riscoprire il piacere di ascoltare una bella canzone o un’interessante trasmissione culturale.
Roma – Meno male che c’è la radio: si è adattata a qualunque situazione, anche ad internet. La radio è tra i mass-media quello più longevo e si avvia verso nuovi successi.
Quest’anno è il 120° anniversario anniversario della prima trasmissione ad onde radio di Guglielmo Marconi, da cui è iniziato il lungo percorso di quello che è stato il mezzo di comunicazione più versatile e penetrante nel tessuto sociale.
Per diversi decenni è stato lo strumento di trasmissione più diffuso e durante i due conflitti mondiali ha costituito l’unico canale di informazione per le popolazioni colpite dalla iattura della guerra. All’epoca esistevano radio ufficiali controllate dal regime e quelle cosiddette di protesta e opposizione. Quest’ultime, spesso clandestine, utilizzavano un linguaggio criptato per non essere smascherate.
Nella storia più recente la radio ha rappresentato, ad esempio, il mezzo di comunicazione per informazioni di protesta contro la criminalità organizzata.
Da ricordare Radio Londra e la sua funzione di veicolo di trasmissione di dispacci dai comandi alleati alla resistenza italiana, durante la seconda guerra mondiale.
Oppure negli anni ’70, in pieno boom dell’etere libero, Radio Alice o Radio Aut. La prima è stata un’emittente bolognese d’intervento politico militante ed espressione dell’ala creativa di Autonomia Organizzata e dell’area libertaria della sinistra extraparlamentare. Portavoce della comunicazione liberata, ovvero di aprire il microfono a chiunque. Il motto, infatti, era dare voce a chi non ha voce.
Radio Aut, invece, è stata utilizzata da Peppino Impastato, giornalista ed attivista politico come strumento di vera e propria denuncia antimafia senza tanti peli sulla lingua. In seguito alle sue denunce fu assassinato da Cosa Nostra.
Questo per testimoniare come nel corso del tempo la radio sia stata un territorio democratico, inclusivo, flessibile, agile e gratuito. Nelle aree più povere del mondo il mezzo di trasmissione via etere, ancora oggi e in piena espansione tecnologica, risulta essere l’unico mezzo di comunicazione disponibile.
Nel periodo del lockdown è stato ancora più cruciale il suo ruolo sociale. Infatti in Paesi con scarso accesso ad internet, come la Liberia e la Tanzania, la radio è stata l’unica fonte di informazione sul Covid.
Per il suo alto valore sociale l’Unesco ha proclamato il 13 febbraio 2011 la Giornata mondiale della radio, adottata l’anno successivo dall’ONU.
Il 10° World Radio Day, per la pandemia, quest’anno si è svolto in streaming e sono stati affrontati i seguenti aspetti: “evolution” (evoluzione) nel senso che il mondo cambia e la radio si evolve; “innovation” (innovazione) la radio si è sempre adattata alle tecnologie per restare, comunque, il mezzo di riferimento per antonomasia della mobilità; “connection” (connessione) intesa non solo come connettività alla rete, ma anche come capacità poliedrica di collegarsi con la società.
In Italia l’avvenimento è stato curato da Radiospeaker. In questa occasione, il CNDDU (Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani) ha proposto di avviare una programmazione, gestione e messa in onda di trasmissioni curate dagli studenti per meglio sviluppare le loro competenze personali e sociali.
Sia quelle di cittadinanza che quelle imprenditoriali. Inoltre, quelle di consapevolezza ed espressione culturale nell’ambito di Percorsi per le Competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO). Lunga vita alla radio, dunque. Vettore di libertà e socialità a livello globale.