Di chiaro c’è poco o nulla. Non un programma che non sappia di slogan raccatta-voti. Ma davvero credono ancora di ingannare gli italiani? Dopo anni di malgoverno e di crisi economica e pandemica, che hanno stroncato l’economia e messo in ginocchio le famiglie italiane, come possono parlare di politica a colpi di vecchi refrain?
Roma – Mentre il centrosinistra cerca di edificare un fabbricato di “carta pesta” per fronteggiare l’avanzata di un centrodestra che, pur nelle diversità, appare più granitico e solido, almeno nei sondaggi, si fa strada Renzi. L’ex premier con la sua Italia Viva cerca di incunearsi tra le due coalizioni per portare avanti il progetto di un centro sganciato dai due poli opposti. Tra illusioni, delusioni e ricerca di posti al sole i partiti definiscono il loro profilo, facendo emergere tutte le contraddizioni che già nella legislatura erano apparse evidenti. Poi ognuno vede ciò che vuole vedere. Ma tutte, ed evidenziamo tutte, le loro azioni e strategie si sono rivelate per quello che erano.
Semplici operazioni teatrali. Non c’è stata una alleanza o dichiarazione che non si sia infranta sul muro degli interessi elettorali che adesso si sono rivelati in maniera chiara. Basti ricordare l’atteggiamento del Pd e del M5s, della sinistra, delle continue esternazioni di Calenda, dell’operazione parlamentare di Di Maio, peraltro avallata dai dem, nonché dell’ondivago comportamento di Salvini.
In buona sostanza adesso si parla e si lavora solo per le alleanze elettorali strategiche, ma quando le contraddizioni verranno fuori a che cosa saranno servite le attuali strategie se, soprattutto nel centrosinistra, le singole forze che arriveranno in Parlamento si divideranno su ogni argomento? Tutto sommato meglio così, almeno chi andrà a votare lo potrà fare con maggiore convinzione. Se ci andrà alle urne.
“…Dopo quello che è successo, con l’incredibile accordo tra Letta, Calenda, Di Maio e Fratoianni ancora dubbioso – afferma il leader di Italia Viva – la nostra campagna elettorale sarà una campagna di libertà, di dignità, di coerenza. Come sapete, la nostra vittoria è a portata di mano, ci basta il 3% per entrare in Parlamento e giocare lo stesso ruolo, decisivo, della scorsa legislatura. Col 3% abbiamo portato Draghi, ci riproveremo. Ma non mi basta, non ci basta, vogliamo il 5%. E dopo quello che è accaduto tra Letta e Calenda, possiamo farlo…”.
“…Calenda poteva costruire un polo riformista che puntasse al 10% – ha aggiunto Renzi – Ha preferito trattare una percentuale di posti sicuri con il Pd. Non mi stupisco degli accordi sui numeri, so che sono importanti. Ma conosco la legge elettorale e sinceramente non so quanto saranno sicuri quei posti. Ma anche se lo fossero, penso che la politica sia prima di tutto coraggio e libertà. C’era una possibilità storica di mandare il terzo polo in doppia cifra, ma Calenda ha preferito giocare un’altra partita alleandosi con chi ha votato contro Draghi e con Di Maio. Rispetto questa scelta, ma non la condivido…”.
Però quando Letta sostiene di volere fare un’alleanza “contro” la destra in nome della collocazione internazionale dell’Italia, parallelamente nell’aula parlamentare di Montecitorio, Nicola Fratoianni votava contro l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato. Tanto per essere ancora più chiari: mentre Letta e Calenda erano in conferenza stampa alla Camera, nell’aula di Montecitorio l’alleanza di centrosinistra, divisa anche su questo, produceva questa distorsione evidenziando ancora di più le diversità di un’alleanza forzata.
Nel frattempo, però, Giorgia Meloni, che tutti dicono di combattere durante la campagna elettorale a viso aperto, ha invece votato a favore, mentre gli alleati di Letta, ma non si sa fino a quando, hanno votato contro. Allora prima di parlare di collocazione internazionale, il Pd dovrebbe chiarirsi le idee dentro la propria bottega e chiarirle con trasparenza agli italiani. Dopo anni di fascinazioni e “tarantelle” con il M5s che altro bisogna vedere…? Altro che occhi di tigre da mostrare all’avversario, le vicende sono talmente “pelose” da suggerire una sfoltitina onde evitare ulteriori suggestioni cinematografiche. L’Unione di Prodi non ha avuto un grande finale e Letta dovrebbe ricordarlo.