A Roma si giocherà una grande partita nonostante l’assenza di Zingaretti abbia non poco afflosciato gli entusiasmi del Pd. E Gualtieri non serve certo a fare salti di gioia. Virginia Raggi, blindatissima dai Cinque stelle, ci ritenta ma sarà più fortunata? In pole position Carlo Calenda che ha girato la capitale in lungo e in largo. Tutto il resto è noia…
Roma – Dopo lunga meditazione in casa Pd, si torna al punto di partenza. Sarà infatti l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri il candidato in quota dem per il Campidoglio. Alla fine è stato il M5s a mettere una pietra tombale al pressing serrato da parte del partito sul suo ex segretario Nicola Zingaretti.
Peraltro la condizione posta dal governatore per la corsa al Campidoglio era la tenuta dell’asse giallorosso in Regione, una circostanza che il Movimento non ha assicurato in alcun modo, prospettando anzi una crisi imminente nel caso in cui il presidente della Regione Lazio avesse accettato la candidatura.
Insomma si può dire che la trattativa serrata degli ultimi giorni tra Pd e M5s non è andata a buon fine e l’ultima parola è stata appannaggio del leader in pectore dei pentastellati, Giuseppe Conte, il quale ha affermato che “Virginia Raggi è un ottimo candidato. Ci auguriamo che la decisione del Pd non metta in discussione il lavoro comune che da qualche mese è stato avviato a livello di governo regionale”.
Così il 20 giugno i romani ai gazebo, in occasione delle primarie, sceglieranno il nome che si proporrà alle elezioni. Tutte le ipotesi sono in campo sul futuro sindaco della Capitale.
L’ex ministro Boccia addirittura azzarda una ipotesi: “Gualtieri andrà al ballottaggio ed il M5S lo sosterrà”. La discesa in campo dell’ex ministro era nell’aria da tempo ma lascia molto perplessi, in quanto al di là della competenza non sembra godere di molto appeal tra i romani.
La candidatura era rimasta congelata, nell’ultimo periodo, per dare spazio all’ipotesi Zingaretti, considerato un nome più forte. Venute meno le condizioni per la corsa dell’ex segretario dem, a stretto giro è arrivato anche un post di sostegno via twitter di Enrico Letta.
Così ufficialmente parte una corsa in salita, faticosa e piena di ostacoli.
Comunque dopo mesi di trattative, ipotesi, accordi sfumati e nomi a sorpresa, il percorso per le comunali di Roma inizia a prendere forma. Rimangono, però, le variabili Calenda e Raggi.
In ogni caso si attendono gli altri nominativi dem affinché si possano svolgere le primarie, considerando il fatto che fino adesso nessun’altro potenziale alleato è disposto a dare legittimità al Pd.
Carlo Calenda, da tempo in pista, ironicamente afferma che “il candidato del Pd lo ha scelto sostanzialmente il M5s minacciando di far cadere la Regione. Alleati sinceri e affidabili, insomma una garanzia…”, ha concluso il parlamentare europeo.
Dall’altro fronte il centrodestra è ancora in cerca di un candidato dopo il “no grazie” dell’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso.
L’attuale sindaca grillina, da parte sua, incassa l’endorsement di Conte, ringrazia e rilancia con la frase tutta da decifrare: “Avanti uniti”.
La contesa giallorossa, in ogni caso, andrà avanti nell’ottica di una convergenza al ballottaggio, resa sicuramente più semplice dall’opzione di Gualtieri, poiché le antiche diatribe tra Raggi e Zingaretti avrebbero complicato il quadro elettorale.
Però se nella Capitale gli accordi per i candidati sono difficili, allo stesso modo le intese sono complesse anche nelle altre grandi città.
Infatti le ricadute del nuovo scenario di Roma sono dietro l’angolo nel resto d’Italia, in primo luogo a Napoli, dove appare sempre più in bilico il nome del presidente della Camera Roberto Fico, osteggiato dal governatore campano Vincenzo De Luca, come candidato sindaco.
Nel frattempo salgono le quotazioni dell’ex ministro Gaetano Manfredi, vicino al Pd e gradito pure ai grillini. Anche qui però tutto è ancora in divenire. E non mancano le incognite.
Da Roma a Milano dove l’uscente Beppe Sala ha aderito ai Verdi ed è sostenuto dallo stesso fronte progressista che ha governato per cinque anni il capoluogo lombardo ad esclusione dei Cinquestelle. Pertanto è ormai escluso un accordo Pd-M5s al primo turno.
Anche a Torino fino ad oggi il Partito Democratico locale si è opposto ad un accordo con i grillini. In ogni caso il secondo turno delle amministrative nelle grandi città che andranno al voto sarà il vero banco di prova per la coalizione Pd-M5s.