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Il welfare aziendale ha preso il volo

Si sente parlare molto di welfare aziendale, ovvero di quelle iniziative, a cura del datore di lavoro o del management, volte a migliorare la qualità della vita dei dipendenti. Non è che all’improvviso le aziende siano diventate benefattrici. È un modo di guardare al benessere del lavoratore, perché se quest’ultimo è sereno, produce di più.

Roma – Sempre lì si va a parare: il raggiungimento del profitto. Che, d’altronde, è la ragione d’essere di ogni impresa. Certo, meglio questo che un calcio negli stinchi. Lo scorso maggio, Edenred, multinazionale che opera nel settore dei servizi per le imprese e per il settore pubblico, ha presentato il “Rapporto sullo stato del welfare aziendale 2023 in Italia”. Allo studio ha contribuito BVA Doxa (la più importante azienda italiana di ricerche di mercato) che ha indagato sul sentiment dei lavoratori.

È emerso che il welfare aziendale trova ampio consenso. Confermato, ad esempio, dalla crescita delle disponibilità media di spesa e di consumo effettivo. In aumento anche i “fringe benefit, ossia i compensi in forma non monetaria, che occupano il primo posto tra i “flexible benefit”. Quest’ultimi sono emolumenti corrisposti a particolari categorie di lavoratori in aggiunta alla retribuzione.

Hanno un discreto seguito anche i benefit legati all’area ricreativa e dell’istruzione. Sembrerebbe, quindi, che ci siano buone possibilità di sviluppo del “welfare sociale”. Staremo a vedere. In particolare, la spesa media di welfare per i dipendenti nel 2022 è stata di 940 euro, in aumento del 10,6% rispetto all’anno prima. Questa percentuale si è rivelata maggiore all’inflazione media del 2022, pari all’8,1%. Inoltre, il tangibile consumo del credito welfare ha raggiunto il 70% l’anno scorso, un aumento sostanzioso.

Secondo quanto emerso dallo studio, il welfare aziendale favorisce la crescita professionale femminile

Un aspetto da rimarcare è che il 76% dei lavoratori si sono dichiarati appagati dei piani di welfare aziendale, che assumono una notevole rilevanza per la promozione delle pari opportunità. In dettaglio: sostiene la natalità offrendo un fondamentale supporto a vantaggio della maternità; diffonde una cultura aziendale che promuove la parità di genere; è una possibilità di sostegno per la crescita professionale femminile. Inoltre, i lavoratori intervistati hanno sottolineato che, dove sono stati varati i piani di welfare, le aziende si sono mostrate più sensibili alla riduzione dell’impatto ambientale e alla sostenibilità.

Secondo i ricercatori, in un tale contesto il welfare aziendale assume un valore sociale e un’influenza primaria per la promozione del benessere a favore dei lavoratori e delle famiglie. Avvalorando l’idea che possa promuovere la consapevolezza di sé per le donne e dare maggior risalto alle nuove generazioni.

L’inclusività è un altro volto del welfare aziendale

Non poteva mancare la promozione dell’inclusività e del rispetto per le condizioni di genere, etnia e cultura. Mancava solo che il rapporto terminasse con la frase “e vissero tutti felici e contenti” che concludono le fiabe dei bambini. Non si vuole assumere una posizione pessimistica, ma a volte queste ricerche trasmettono seri dubbi sulla loro effettiva aderenza alla realtà. Anche perché la cronaca è pronta a smentire certe asserzioni.

Il recente scandalo di molestie e chat sessiste dell’agenzia di comunicazione milanese “We Are Social”, con diciotto sedi sparse nel mondo, sta a dimostrare una realtà di prepotenza e prevaricazioni contro le donne da parte di maschi col cervello molto piccolo, completamente diversa dall’immagine edulcorata emersa nello studio Altro che promozione della parità di genere e dell’inclusività, qui siamo all’anno zero della civiltà umana!

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