La pandemia qualcosa di buono, anche se è ancora presto per dirlo, ce l’ha lasciata: il lavoro agile. Il primo risparmio evidenziato dai lavoratori è stato quello sui mezzi di trasporto, privati e pubblici. Le aziende non hanno modificato i rapporti con i dipendenti e anche queste hanno beneficiato dello smart-working che dovrebbe prendere piede sempre di più.
Roma _ Con lo scoppio della pandemia che ci sta facendo ancora penare, ci siamo trovati di fronte a novità che hanno scombussolato la nostra vita. Distanziamento sociale, lockdown, mascherine, sono diventati concetti consueti nel nostro vivere quotidiano. In questi mutamenti si è inserito il lavoro agile o smart working, ovvero il lavoro a distanza, da casa, mentre prima eravamo soliti svolgerlo in ufficio o in azienda.
Gli entusiasti hanno esaltato la possibilità di poter conciliare vita lavorativa e privata. I più scettici, invece, hanno fatto emergere l’impossibilità di distinguere sia l’una che l’altra. Comunque il 3 marzo scorso in diretta streaming sul sito de “Il Sole 24 ore” si è tenuta la smart conference “La Vita Agile“, la ricerca sull’apprezzamento dello smart working, a cura di MeglioQuesto e Tecnè.
La prima è una piattaforma digitale per lo sviluppo di tecnologie e servizi innovativi per le relazioni commerciali digitali. Mentre il secondo è un istituto di ricerca, elaborazione strategica, comunicazione integrata e public affairs. E’ emerso che negli ultimi due anni il lavoro agile è stato uno strumento importante per affrontare la crisi.
Grazie a questa novità, le imprese si sono mostrate più competitive sul mercato, migliorando la marginalità, ovvero la differenza tra il ricavo e i costi. Rispetto al periodo precedente alla pandemia più del 20% delle aziende ha innovato i processi di produzione e vendita, un’altrettanta percentuale ha prodotto nuovi beni e servizi, mentre circa il 10% ha eliminato linee di produzione considerate obsolete.
Nel 2020 per fronteggiare l’emergenza sanitaria e la crisi economica da essa scaturita quasi il 60% del campione oggetto di studio è ricorso al lavoro agile, il 16% circa ha fatto uso della cassa integrazione, il 12,2% si è vista costretta a ridurre l’orario di lavoro ed i 4% a licenziare.
Nel 2021, dopo la fase critica della pandemia, quasi il 40% delle imprese ha continuato con lo smart working, facendo partecipe il 28,9 dei dipendenti. La gran parte delle aziende non ha mutato il rapporto di lavoro con i dipendenti.
Solo il 4,4% di chi ha lavorato a distanza non si è mai recato in sede. Il 74,4% vi si reca almeno una volta al mese ed il 66,7% una-due volte a settimana. Un dato è stato particolarmente evidenziato dai ricercatori: l’81% del campione ha apprezzato il risparmio sui costi di trasporto.
Alcuni perché in questo modo hanno evitato di pranzare fuori casa. Altri, perché sono riusciti a conciliare tempi lavorativi e vita familiare. Per altri ancora perché questo nuovo modello di organizzazione occupazionale ha aumentato la produttività.
E’ senz’altro vero, bisogna prenderne atto, che dalla seconda metà dell’anno scorso si sono affermati nuovi paradigmi produttivi e organizzativi. Il lavoro agile sta cambiando le aziende e la vita di tanti lavoratori. Con l’organizzazione del lavoro in continuo mutamento si sta imponendo una visione più comunitaria e meno gerarchica, riscoprendo il valore della formazione e del dialogo sociale.
Come si dice in questi casi, se sono rose fioriranno. In questo caso ne trarrà vantaggio il lavoratore, le relazioni familiari, l’azienda ed in ultimo la collettività. Se saranno spine, allora tanti lavoratori sono assuefatti, da secoli ormai, a subirne le punture. Perché lavoro agile o meno, sempre di fatica si tratta.