Si fa un gran parlare di investimenti, innovazione, istruzione professionale e quant’altro possa essere fruttuoso per i più giovani. Poi ci si accorge che di concreto non si fa nulla per loro. In maniera assoluta.
Roma – Secondo il nuovo report diffuso da Eurostat l’Italia è al penultimo posto in Europa per numero di laureati. L’analisi ha riguardato persone tra i 25 e 34 anni con una istruzione universitaria. In media in Europa si laurea il 41% della popolazione, con una prevalenza di donne (47%) rispetto agli uomini (36%). Ancora una volta le donne dimostrano di essere più avanti degli uomini, che si danno solo un sacco di arie ma all’atto pratico dimostrano la loro pochezza.
Le donne studiano di più, sono più preparate e guadagnano meno rispetto agli uomini. Per non parlare della carriera nei posti dirigenziali, dove l’ingresso è off limits! La vecchia guardia, frutto del patriarcato, è restia a farsi da parte e mostra i muscoli.
L’Italia ha un numero di laureati nella fascia d’età summenzionata pari al 28%. Peggio di noi solo la Romania. Un dato molto lontano da quello del paese più all’avanguardia di questa classifica, il Lussemburgo. Qui più del 60% ha portato a termine un percorso di studi universitario. Siamo distanti non solo dalla vetta, ma anche dalla media europea, lontana di ben 13 punti.
Confrontando i dati con gli anni e i decenni precedenti si nota che la situazione è cambiata pochissimo. C’è stato sì un piccolo miglioramento, ma solo perché le percentuali erano a livello dei Paesi del terzo mondo. Nel 2011 il numero dei laureati raggiungeva il 22,5% e nel 1992 addirittura il 7,2%. Se confrontiamo i dati sempre col Lussemburgo, il distacco dell’Italia allora era solo del 6,5%, mentre adesso è di oltre il 34%. Siamo davanti alla politica del gambero: un passo avanti e due indietro!
Dopo il citato Lussemburgo, tra gli altri Paesi a fregiarsi della percentuale più alta di laureati ci sono Irlanda, Cipro, Lituania, Olanda e Francia. Per quanto riguarda il nostro Paese le cause che hanno prodotto questo deleterio risultato sono molteplici. Per elencarne solo alcune abbiamo un welfare state non altezza dei bisogni dei più giovani e degli studenti. Manca poi una politica mirata a calmierare gli affitti, un vero e proprio business in mano ad agenzie e proprietari senza scrupoli. Inoltre ci troviamo di fronte a un’Università attenta più a salvaguardare lo status quo che ad aprirsi alle innovazioni.
Ma c’è un aspetto più inquietante che dovrebbe suscitare l’attenzione dei decisori politici. Del bassissimo numero di laureati italiani una buona parte, quasi sempre la migliore, va all’estero. Chi resta in Italia? La tanto temuta fuga dei cervelli è causa di un forte depauperamento culturale, umano e professionale. E poi ci si lamenta del basso livello raggiunto dal nostro Paese. Non è altro che la logica conseguenza di scelte politiche miopi e ritardatarie!