Quanto previsto dalla Dia fra criminalità organizzata e pandemia è regolarmente avvenuto ed il contrasto alle mafie non si è fatto attendere. La Fondazione Caponnetto ha ribadito più volte e con forza di non abbassare la guardia in Toscana dove le mafie penetrano nel tessuto sociale sempre più prepotentemente.
Firenze – Nella seconda relazione semestrale, relativa al 2019, prodotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia) sull’attività svolta e i risultati conseguiti, c’è un intero capitolo dedicato al Covid 19. Anche se il Coronavirus è venuto fuori nel 2020, secondo la Dia non si può non tenerne conto anche in prospettiva di ciò che potrebbe accadere e in virtù della grande capacità delle mafie di cambiare pelle e approfittare delle debolezze della società.
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Così la Dia prospetta un doppio scenario: uno nel breve periodo e un altro a lungo termine. Nel breve periodo le organizzazioni mafiose tenderanno a consolidare sul territorio, specie nelle aree del Sud, il proprio consenso sociale, attraverso forme di assistenzialismo da capitalizzare nelle future competizioni elettorali. Un supporto che passerà anche attraverso l’elargizione di prestiti di denaro a titolari di attività commerciali di piccole-medie dimensioni, ossia a quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge l’economia di molti centri urbani, con la prospettiva di fagocitare le imprese più deboli, facendole diventare strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti. Un secondo scenario, questa volta di medio-lungo periodo, in cui le mafie – specie la ‘ndrangheta – vorranno ancor più stressare il loro ruolo di player, affidabili ed efficaci anche su scala globale. L’economia internazionale avrà bisogno di liquidità ed in questo le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di consistenti iniezioni finanziarie. Non è improbabile perciò che aziende anche di medie – grandi dimensioni possano essere indotte a sfruttare la generale situazione di difficoltà, per estromettere altri antagonisti al momento meno competitivi, facendo leva proprio sui capitali mafiosi.
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Potrà anche verificarsi che altre aziende in difficoltà ricorreranno ai finanziamenti delle cosche, finendo, in ogni caso, per alterare il principio della libera concorrenza. Uno scenario di medio-lungo periodo che ha un certo grado di prevedibilità e che all’infezione sanitaria del virus affiancherà l’infezione finanziaria mafiosa, impone che la classe dirigente pubblica mantenga sempre alta l’attenzione. Se da un lato, infatti, nella fase dell’emergenza sanitaria, la rosa delle istituzioni è pressoché unanime nel vigilare sugli eventuali tentativi di infiltrazioni mafiose, nella “fase 3”, con il progressivo decadimento dell’attenzione, quando i riflettori si abbasseranno, le mafie sicuramente tenderanno a riprendere spazio, insinuandosi nelle maglie della burocrazia.
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Sul piano generale, la relazione della Dia conferma quanto già rivelato nei semestri precedenti con le mafie che appaiono più vive che mai e che nel silenzio, con il supporto molto spesso di professionisti, riescono ad inserirsi nel tessuto socio-economico dell’intera Penisola e anche oltre. Un dato che emerge, ad esempio, è quello del ritrovato feeling tra la mafia siciliana e quella americana.
REPORT OMCOM FIRENZE 2020
Dello stesso tenore anche il rapporto Firenze 2020 dell’Osservatorio Mediterraneo sulla Criminalità Organizzata e le Mafie costituito dalla Fondazione Mediterraneo e la Fondazione Caponnetto rappresentata da Salvatore Calleri. Il rapporto verrà presentato il 19 luglio 2020, ore 16.30, presso il Giardino Caponnetto, Lungarno del Tempio Firenze. Anche in questo caso l’argomento Covid 19 si ritaglia una parte importante all’interno del report. “…La crisi economica post covid – anticipa alla stampa Calleri – favorisce ulteriormente la ramificazione delle singole cosche. Oggi la situazione, proprio a causa del Covid, è nettamente peggiorata. Firenze anche prima della crisi è sempre stata una realtà appetibile economicamente per le realtà criminali…”.
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Il rapporto suggerisce uno slogan forte e provocatorio che vuole far passare un chiaro messaggio: a Firenze la mafia esiste ed è ben ramificata, al punto da fare arrivare a dire alla Fondazione che “la Toscana rischia di essere divorata dalla mafia in quanto le cosche fanno quel che vogliono. Uno slogan che è frutto di anni di studio del fenomeno mafioso in una Regione dove fino a poco tempo fa l’esistenza della criminalità organizzata quasi si ignorava, tanto che la Fondazione Caponnetto è partita da un altro slogan altrettanto eloquente: “La Toscana non è una terra di mafia ma la mafia c’è”.
Dal lavoro di analisi, meticoloso e puntuale, operato dalla Fondazione Caponnetto si evince che in Toscana sono presenti ramificazioni di “Cosa Nostra” e della “‘Ndrangheta‘” e che i traffici illegali sono diffusi in diversi settori: dai parcheggi abusivi ai centri scommesse passando per usura e riciclaggio. Il rischio che le mafie possano prendere piede sono enormi e sono alimentati dall’emergenza sanitaria in corso che ha indebolito la capacità di resistenza della società sana. È per questo che – da quanto scritto nel rapporto – in un periodo così difficile dal punto di vista economico bisogna intervenire per prevenire pericolose infiltrazioni. Occorre, secondo la Fondazione, incrementare i controlli sulle nuove attività al fine di verificare da dove arrivano i soldi e chi c’è realmente dietro ai progetti imprenditoriali. Oggi la tempestività nella lotta alle mafie è cruciale, bisogna quindi agire e farlo in fretta.
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