L’avrebbe uccisa a coltellate dopo averla abbracciata e baciata. Per poi nasconderla in una buca e inscenare un rapimento ad opera di tre balordi armati e incappucciati. E’ crollata sotto la pressione delle domande incessanti dei carabinieri ed ha confessato l’omicidio. Adesso non ricorda granchè della terribile tragedia.
Tremestieri Etneo – Prima il budino, abbracci, baci e poi le coltellate. Subito dopo averla ammazzata avrebbe nascosto il corpicino in una buca. Poi corre in caserma per raccontare ai carabinieri una storia inverosimile. Sino alla confessione, a ventiquattr’ore dall’omicidio.
Elena Del Pozzo, 5 anni, è morta ammazzata per mano della madre, Martina Patti di 23 anni, che ancora adesso pare non sia in grado di spiegare che cosa è realmente accaduto. La tragica vicenda sembra un film dell’orrore e inizia nella tarda mattinata del 13 giugno scorso quando la donna si era recata in caserma per denunciare un presunto rapimento della figlia ad opera di un “kommando” di tre uomini incappucciati e armati che le avrebbero strappato dalle braccia la bambina per poi darsi alla fuga in auto.
I militari informavano del fatto la Procura di Catania mentre sui social la notizia della bambina rapita in Sicilia faceva il giro del mondo. Il racconto di Martina, separata da tempo dal compagno Alessandro Nicodemo Del Pozzo, 24 anni, padre della bimba, vacillava più volte sotto le pressanti domande degli investigatori che notavano diverse discrepanze e numerose contraddizioni nella versione dei fatti più volte ripetuta dalla donna.
A meno ventiquattr’ore dal fantasioso quanto inesistente sequestro della piccola Elena, la madre confessava l’omicidio:”… Sono stata io – ha detto la donna – l’ho uccisa io…Quando ho colpito Elena avevo una forza che non ho mai percepito prima. Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ho un ricordo annebbiato…”.
Con una certa emozione ma conservando un barlume di lucidità la giovane casalinga conduceva i militari in via Filippo Turati, in territorio di Mascalucia, sempre alle porte di Catania, dove insiste un terreno lavico e sciaroso, ad un centinaio di metri da via Euclide 55, dove abitavano mamma e figlia.
Poco distante dalla strada comunale la donna aveva nascosto il cadavere della figlioletta in una buca dopo averla uccisa. Sul posto si recavano anche il Ris dei carabinieri per i rilievi scientifici ed il carro funebre per il trasporto della piccola salma in obitorio. Anche il padre della piccola con la nonna materna, Rosaria Testa di 57 anni, si recavano in via Turati e alla vista del carro funebre scoppiavano in un pianto dirotto:
”…Avevamo creduto anche noi alla storia degli uomini incappucciati – racconta la nonna paterna – ma la verità è che a volte la picchiava, dovevamo togliergliela dalle mani…Martina ci faceva vedere la bimba sempre di meno e decideva lei quando portarla, aveva un atteggiamento autoritario, quasi aristocratico, di distacco…”.
L’omicidio ha avuto una sequenza temporale ben precisa e che la presunta assassina ha raccontato a tratti con particolari, a volte in maniera superficiale:”…L’ho portata a casa dall’asilo ed era felice di vedermi come sempre – ha detto l’indagata ai carabinieri – Elena ha voluto mangiare un budino poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo. Dovevamo andare ad un compleanno, Elena era contenta. Poi siamo uscite per andare a casa di mia madre. Ma ho rimosso tutto…”.
Spazio e tempo non collimano più nel racconto disturbato della donna che asserisce di non ricordare praticamente più nulla di preciso. Tenta di farlo per lei il suo difensore, l’avvocato Gabriele Celesti:
”…È stato un interrogatorio drammatico di una donna distrutta e molto provata – ha detto il legale di fiducia – che ha fatto qualcosa che neppure lei pensava di poter fare…Avrebbe agito come se qualcuno si fosse impadronito di lei… Tutt’altro che fredda e calcolatrice. Avrebbe ucciso la figlia nello stesso posto dove l’ha seppellita…Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia. Devo dare atto di grande correttezza ai carabinieri e alla Procura…”.
E proprio secondo gli inquirenti un movente possibile potrebbe essere quello della gelosia. Pare infatti che Martina Patti non sopportava l’idea che la figlia si potesse affezionare all’attuale compagna dell’ex convivente che ricambiava appieno il sentimento della bimba. Adesso la convalida del fermo e in seguito il processo. Un tragico copione che si ripete e che ci ricorda il povero Loris Stival, ucciso dalla madre a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. Impossibile non ripensarci.