Suona la campanella: ricreazione finita

Adesso il Paese ha bisogno di chi è capace di rimboccarsi le maniche e lavorare per uscire fuori dalla più grande crisi dopo il secondo conflitto mondiale. Da Meloni gli italiani vogliono una vera ripartenza, un’opera di moralizzazione della Pubblica amministrazione, una giustizia giusta, lavoro e ancora lavoro, nella spazzatura bonus ed altri sostegni che diseducano i giovani alla fatica. Non c’è tempo da perdere.

Roma – Il governo Meloni giura fedeltà alla Repubblica, subito dopo il passaggio delle consegne. Oggi, invece, il rito della campanella tra il premier uscente e la subentrante. Rimane però ancora l’eco di quanto successo in Europa. A Bruxelles Draghi ruggisce e fa saltare il tavolo delle trattative Ue. Inutile girarci attorno, la situazione attuale è molto delicata, in quanto c’è urgenza di adottare misure che incidano sulla dinamica dei prezzi, quali l’introduzione di un tetto al prezzo del gas. Mario Draghi insiste con la necessità di fare le cose che si rendono non più rinviabili, e farle in fretta. Chi ha avuto modo di poter ascoltare l’intervento del presidente del Consiglio durante il giro di tavolo dei capi di Stato e di governo sulla ricetta anti-crisi energetica, riferisce di un presidente del Consiglio duro e deciso. Non chiede solo un price-cap, ma anche una riforma del mercato elettrico a “dodici stelle”.

Il monito di Draghi c’è stato anche sulla tenuta dello spazio comune di fronte al “rischio di una frammentazione del mercato che può avere riflessi negativi sull’unità europea, se i Paesi che hanno maggior spazio fiscale operano in autonomia”. Chiaro, dunque, il riferimento soprattutto alla Germania. L’inquilino di palazzo Chigi, nell’ultimo giorno del suo mandato, ha ricordato che non ci sono solo “le ricadute sui prezzi”, ma che Italia e Unione europea devono fare i conti con la fase di recessione che l’Europa sta per attraversare.

Insomma, per Draghi gli Stati Membri devono avere una capacità di spesa comune per difendere la parità di condizioni. Si è voluto far capire, in sostanza, che non è una questione di solidarietà ma di salvaguardia del mercato interno. Il capo di governo italiano, last minute, ha quindi insistito sull’urgenza di “un fondo comune considerevole utilizzabile non solo per investimenti, ma anche per mitigare i prezzi”.

Su questo ultimo elemento di confronto a Bruxelles c’è chi preme per non creare nuovi titoli di debito comune ma utilizzare quelle risorse ancora non spese o non impegnate. Un modo come un altro per annacquare ogni trattativa europea. Così viene spiegato che ci sono, 40 miliardi di euro non utilizzati dai fondi di coesione per il bilancio 2020-2024, a cui si aggiungono 350 miliardi di euro dai fondi di coesione dell’attuale ciclo settennale 2021-2027.

Ci sono inoltre 220 miliardi di investimenti aggiuntivi nell’ambito del piano RepowerEu per l’indipendenza energetica e 225 miliardi di euro di prestiti non utilizzati del recovery fund. Un totale di 835 miliardi ancora disponibili. Il problema adesso è correre onde evitare ulteriori fibrillazioni sociali, che potrebbero essere cavalcate da quel populismo politico sempre in agguato ed in maggioranza. La credibilità che l’Italia ha acquisito in questi anni rimane lo strumento migliore per ottenere i risultati a cui il Paese aspira.

Le opposizioni italiche, intanto, cercano di incunearsi tra le pieghe dell’insofferenza popolare per lambire un elettorato che si è stancato di sentire solo parole e falsi moralismi. Nel frattempo, i “responsabili” fanno capolino in Parlamento, per evitare scivoloni o trabocchetti che possano “inguaiare” il governo. Vedremo che succederà.

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