L’inquinamento di suolo, sottosuolo e falde acquifere avviene da troppi anni e alcune leggi regionali sembrano favorire lo sversamento di fanghi contenenti sostanze nocive alla salute in grado di percolare e contaminare le acque di sorgenti, fiumi e corsi d’acqua. A questo stato di cose si aggiungono gli incendi dolosi di capannoni e aziende che lavorano lo stoccaggio e lo smaltimento di altri rifiuti pericolosi.
Brescia – I fanghi sparsi sui terreni agricoli rappresentano una vecchia questione irrisolta e un giro d’affari che in Lombardia raggiunge cifre che definire cospicue è un eufemismo. E’ ovvio che non tutti i fanghi sono destinati all’agricoltura e da anni a questa parte quelli inquinati con sostanze velenose non rappresentano altro che il mezzo più semplice e remunerativo per smaltire rifiuti tossici e nocivi.
Ne sanno qualcosa quelli della Wte Srl che sapevano di lavorare nella più assoluta illegalità eppure non se ne facevano certo scrupolo tanto da arrivare a sorridere e a ridicolizzare le potenziali vittime dei veleni che spargevano sui campi coltivati a riso e granturco.
Da due anni sotto inchiesta l’azienda bresciana, operante nel settore del recupero dei rifiuti, presieduta dall’ingegner Giuseppe Giustacchini, ritirava i fanghi prodotti da impianti pubblici e privati e invece di bonificarli li avrebbe “arricchiti” con altre sostanze tossiche per poi rivenderli come fertilizzanti.
I carabinieri forestali hanno raccolto ore ed ore di intercettazioni telefoniche grazie alle quali gli inquirenti hanno inchiodato alle loro responsabilità i diversi personaggi di questa sorta di caleidoscopio dell’orrore che in spregio alla salute pubblica e alla tutela dell’ambiente, pur di trarne indebito profitto, non esitavano a rivendere come letame micidiali misture a base di elementi chimici nocivi in grado di inquinare suolo, sottosuolo e faglie acquifere.
Il Gip di Brescia Elena Stefana contesta la vendita di 150.000 tonnellate di fanghi contaminati da fluoruri, solfati, cloruri, nichel, rame, selenio, arsenico, idrocarburi, zinco, fenolo, metilfenolo ed altri elementi tossici, presenti nelle misture in ragione di oltre il 100% dei limiti di legge, spacciati per fertilizzanti e smaltiti su circa 3.000 ettari di terreni agricoli nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
Per un volume d’affari stimato in circa 12 milioni di euro. Sotto finiti sotto sequestro gli impianti della Wte di Calcinato, Calvisano e Quinzano dove venivano preparate le fanghiglie avvelenate.
Al momento gli indagati sono sedici fra i vertici della società bresciana, il geologo Antonio Maria Carucci che per telefono ridacchiava sui bambini che avrebbero potuto mangiare le pannocchie di mais contaminate dai veleni proclamandosi un delinquente, e Luigi Mille, il direttore generale dell’Aipo, l’autorità interregionale per il fiume Po, che sarebbe stato assoldato per sfruttare le sue conoscenze istituzionali.
L’uomo dovrà rispondere di traffico di consulenze illecite:”… Sfruttando relazioni esistenti – scrive ancora Il Gip – o comunque asserite con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, indebitamente si faceva dare e promettere da Giuseppe Giustacchini denaro, vantaggi patrimoniali ed altre utilità quali il prezzo della propria mediazione illecita verso i suddetti pubblici ufficiali, finalizzata a favorire le attività imprenditoriali condotte da Giustacchini quale titolare della Wte srl…”.
Come dicevamo all’inizio la questione dei fanghi è vecchia di anni e anni e non c’è Comune della Lombardia che non debba pagarne lo scotto. Senza controlli efficienti e con certificazioni facilmente manipolabili i fanghi che si sversano sul territorio, lo abbiamo ripetuto, non sono tutti concimi per le coltivazioni. Per lo più si tratta di rifiuti tossici e nocivi spesso sversati di frodo sui terreni di proprietari compiacenti da ditte o da privati spesso collusi con la criminalità organizzata.
Decine i sindaci che, negli anni, hanno lanciato l’allarme:”… Lo scorso 23 aprile – spiega il sindaco di Quinzano D’Oglio, Lorenzo Olivari – chiesi personalmente alla Polizia locale un sopralluogo, a cui fecero seguito la trasmissione dei dati del biofiltro all’Arpa, di cui si attende l’esito, e una relazione protocollata di odori molesti direttamente percepiti. Cosa certa è che sull’azienda in questione non sono mancate ombre in tutti questi anni…”.
Da Brescia alla provincia di Pavia dove nel gennaio del 2018 il sindaco di Monicelli Pavese, Enrico Berneri, aveva denunciato a carabinieri e Arpa lo sversamento di 5 autotreni carichi di fanghi tossici nel terreni comunali ad opera di ignoti criminali. Berneri ed pochi altri sindaci erano ricorsi alle vie legali contro l’innalzamento del limite degli idrocarburi da parte di Regione Lombardia. La storia si ripete.