Sulla solidità del rapporto Italia-Usa non si discute, specie dopo la visita di Draghi alla Casa Bianca. A lasciare perplessi è piuttosto la coesione interna al Governo, dove i battibecchi sono ormai all’ordine del giorno.
Roma – Tempi duri per tutti. Come finirà? La paura serpeggia tra i cittadini italiani e non solo per l’escalation del conflitto bellico e per le sue conseguenze economiche. C’è molta apprensione e curiosità anche per gli eventuali allargamenti della NATO e per le scelte strategiche di cui si sta discutendo in questi giorni. Il futuro è incerto, potrebbero modificarsi equilibri geopolitici in prossimità dei confini con la Russia. E sarebbero grossi problemi.
Ma a spaventare gli italiani, indipendentemente dalle differenze socio-demografiche, è il rischio di un’escalation militare che possa coinvolgere direttamente altri Paesi, fino all’ipotesi più drammatica dello scoppio della terza guerra mondiale. L’87% degli italiani reputa l’incremento militare un pericolo concreto, una possibilità sempre più reale con il trascorrere e l’inasprirsi del conflitto in Ucraina. In queste ore gli indicatori di sentiment analysis hanno rilevato che in un primo momento si era contestata la visita di Mario Draghi negli Stati Uniti, ritenuta inopportuna, sconveniente e comunque un atto di vassallaggio nei confronti del colosso americano.
Ma allo stesso tempo sul web, secondo gli stessi strumenti analitici, pare abbia prevalso un maggiore senso di apparente serenità dopo la conclusione del summit a “stelle e strisce“. In sostanza la disapprovazione e la rabbia sono diminuite mentre sono cresciute gioia ed ammirazione. L’incontro tra il presidente Usa ed il premier Draghi ha dunque portato maggiore ottimismo. La conferma di un’alleanza forte e solida tra l’Italia e gli Stati Uniti ha provocato consenso, portando molti utenti a prevedere l’apertura di un vero negoziato. Nonostante questi tiepido ottimismo si parla ancora di armi e strumenti di morte, come fossero caramelle da donare agli ospiti intervenuti.
Il nuovo pacchetto di aiuti militari italiani all’Ucraina non è stato ancora definito. Fatto sta che la selezione dei materiali da guerra viene portata avanti nel massimo segreto mentre tutti gli utenti, virtuali e reali, verificano in seno alle proprie famiglie ed imprese che la situazione economica è al collasso. E il generale aumento dei costi ha modificato al ribasso le abitudini e le condizioni di vita e di resistenza di tutti gli attori sociali. Insomma siamo nel fango ma nessuno intende riconoscerlo, men che meno la politica.
Questo triste scenario si svolge mentre congrui equipaggiamenti militari made in Italy sono destinati a incrementare le prossime consegne per Kiev, al fine di contrastare la potenza russa. Anche Josep Borrell, nel frattempo, anticipa la proposta della Commissione Ue di aumentare di altri 500 milioni il finanziamento militare per la difesa di Kiev per fornire carri armati, munizioni, blindati ed artiglieria. Intanto il leader del M5s continua la sua crociata verbale per discutere in Parlamento degli ultimi sviluppi derivanti dal conflitto e per votare una linea di pace senza che l’Italia spedisca cannoni e bombe a mano.
La missione di Conte è quella di stanare i partiti e costringerli a votare nuovamente, dopo che il governo Draghi ha quasi incassato un plebiscito di consensi che lo autorizzava ad intervenire in favore del popolo ucraino. Quello che si conosce, afferma Conte, si apprende solo attraverso comunicati stampa, interviste e dichiarazioni, fino adesso il Premier non ha ritenuto opportuno coinvolgere il Parlamento.
Matteo Renzi, manco a farlo apposta, non condivide l’esigenza del leader grillino, tanto da affermare rincarare la dose contro l’ex Avvocato del Popolo: “…Conte oggi fa il pacifista perché vede i sondaggi e dice no alle armi, ma è stato il presidente del Consiglio che ha investito di più sulle armi. Conte è il record man di export di armi…”. Secondo Renzi questa è la solita posizione dei 5stelle, i quali non avendo un’idea la cambiano continuamente sulla base dei sondaggi. Ipse dixit.