Abusi informatici nel mirino della Procura umbra: un finanziere della Direzione nazionale antimafia indagato per accessi abusivi alla banca dati delle forze di polizia. Per chi lavorava? Quanto si guadagna nel rubare i dati personali di persone in vista? C’è un tariffario? Chi si nasconde dietro l’ultima ruota del carro in uniforme?
Roma – L’Italia è il Paese dove non si manca occasione per intrufolarsi nella vita privata degli altri. Meglio se Vip, politici, giornalisti, purché famosi e allineati. Badate bene, nulla a che vedere con indagini legittime s’intende. E non si tratta nemmeno di servizi segreti, ma di vere e proprie scorribande informatiche non autorizzate. Da qui il passo è breve per consumare ricatti, estorcere favori e chissà cos’altro. Dunque non solo curiosità morbosa ma mercimonio allo stato puro.
Sono purtroppo tristi vicende che si ripetono periodicamente o, meglio, che vengono alla luce, specie d’estate, quando uno meno se lo aspetta ma sempre in periodi di stanca politica. Chissà quante volte, senza autorizzazioni e finalità investigative, si è proceduto in tal senso per le più svariate ragioni. Insomma ancora una volta è balzato agli onori della cronaca il solito “dossieraggio illecito” su politici e personaggi in vista. Su questa ipotesi di reato sta indagando la Procura di Perugia.
L’informativa di reato relativa ad un presunto accesso abusivo alla banca dati delle forze di polizia da parte di un ufficiale della Guardia di finanza in servizio alla Direzione nazionale antimafia è partita da Roma, ed è arrivata alla Procura perugina. Secondo quanto risulta gli accertamenti dei magistrati del capoluogo umbro sono tutt’ora in corso nel massimo riserbo. L’inchiesta è seguita personalmente da Raffaele Cantone, il procuratore capo dell’ufficio giudiziario umbro.
Per competenza il fascicolo, per il possibile coinvolgimento di magistrati in servizio a Roma, è stato trasmesso a Perugia. Tutto nasce da un esposto alla Procura di Roma del ministro della Difesa Guido Crosetto, presentato nell’ottobre dello scorso anno dopo che erano state pubblicate informazioni sensibili riguardo ad alcuni presunti compensi che aveva percepito lecitamente dalla “Leonardo”, la società partecipata dello Stato, che si occupa di strumentazioni per la difesa. Il ministro respinse le accuse che gli vennero mosse e presentò subito l’esposto dove si chiedeva di verificare come la stampa fosse entrata in possesso di dati sensibili e riservati, coperti da privacy che lo riguardavano.
“A seguito della pubblicazione di miei dati personali e non pubblici, accessibili solo da parte di persone autorizzate, ho deciso di sporgere una querela alla procura di Roma per capire come fossero state recuperate le informazioni”.
Le indagini tecniche ed informatiche, sembra, hanno svelato che effettivamente il graduato delle Fiamme gialle aveva effettuato almeno 100 “visure patrimoniali”, quasi tutte su nomi altisonanti della politica e di importanti istituzioni ma che, secondo l’ufficiale, questi erano regolarmente autorizzati e motivati da delicate indagini in corso. Le indagini e le verifiche però hanno svelato che tutti gli accessi, finiti nel mirino degli inquirenti, erano abusivi e, pertanto, non autorizzati.
Il finanziere, che ora non lavora più alla DNA, ha ammesso che la pratica era abituale e perfettamente legale. Ma dai primi accertamenti è emerso appunto che la sua attività non era motivata e supportata da richieste della magistratura. Le indagini, dunque, proseguono anche per cercare eventuali complicità. Negli atti d’indagine compare anche il nome di un magistrato che, all’epoca dei fatti contestati al finanziere, svolgeva l’attività di sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia.
Questo elemento ha fatto sì che il fascicolo passasse per competenza alla Procura di Perugia di Raffaele Cantone, dove vengono trattate anche le inchieste e le notizie di reato dove sono coinvolti magistrati in servizio negli uffici giudiziari di Roma. Secondo quanto si è saputo fino ad ora e che da quanto si apprende, presto tutto verrà chiarito dalla Procura di Perugia. Tra i report che il graduato della finanza raccoglieva c’erano segnalazioni antiriciclaggio su presunte operazioni sospette, trasmesse dalla Banca d’Italia alla Guardia di finanza e alla Direzione nazionale antimafia. Il puzzle comporterà un po’ di tempo, ma presto si capirà meglio, forse, se vi sono mandanti di alto lignaggio.