Un vicenda opaca e dai contorni davvero rivoltanti che denota un malcostume diffuso che non si riesce a debellare. Sesso e soldi in ospedale, e poi chissà quante altre magagne da nascondere, fanno della Sanità pubblica un verminaio in cui le persone per bene e attaccate al lavoro fanno fatica a tirare avanti.
Catania – Spesso corruttori e corrotti finiscono in galera. Fatta salva la presunzione d’innocenza, sino a condanna definitiva, le cose si mettono male per Carmelo Mignosa, 61 anni, originario di Priolo Gargallo, nel Siracusano, primario del reparto di cardiochirurgia del Policlinico universitario etneo “G.Rodolico-San Marco”, arrestato e posto ai domiciliari il 9 agosto scorso. Per il professionista, assai noto e stimato, le ipotesi accusatorie sono infamanti: corruzione nell’esercizio di funzioni e poteri pubblici a fronte di indebita dazione di denaro.
L’arresto è avvenuto in flagranza di reato ad opera dei finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catania, che hanno svolto indagini approfondite con l’utilizzo di telecamere ambientali e apparati di intercettazione telefonica e residenziale. Le attività investigative, coordinate dal Pm Fabio Regolo, sono state svolte su una procedura di gara pubblica che constava di 122 lotti e bandita dall’azienda sanitaria per la fornitura di materiale specialistico di cardiochirurgia, con un importo complessivo di circa 17 milioni di euro. Il primario ricopriva anche il ruolo di presidente della Commissione tecnica, incarico questo che gli avrebbe permesso di “manipolare” l’affare più agevolmente.
Sin dalle prime fasi d’indagine erano stati messi agli atti, e ben documentati, una serie di contatti e incontri con alcuni imprenditori, tutti interessati all’aggiudicazione di uno o più lotti della gara d’appalto, tra cui Valerio Fabiano, 39 anni, legale rappresentante della “Aretè”, azienda che commercializza prodotti sanitari, medicali e ortopedici, arrestato assieme al primario e come lui posto ai domiciliari.
Durante l’ultimo incontro fra Mignosa e Fabiano, quest’ultimo confidenzialmente definito “’mparuzzu”, ovvero compare, dal cardiochirurgo aretuseo, i finanzieri documentavano, in tempo reale, la cessione di una busta contenente denaro contante pari a 2mila euro. I due erano stati intercettati anche al telefono durante colloqui assai confidenziali durante i quali si sarebbe parlato non certo del più e del meno: ”Tutto a posto?” – avrebbe chiesto Fabiano all’interlocutore in camice bianco nel maggio scorso: ”Ora aspettiamo ‘sto cazzo di gara”, “Nel mio ufficio non abbiamo nulla da temere”.
Qualche settimana dopo la gara verrà espletata e risulterà vincitore lo stesso Valerio Fabiano. Guarda caso. Poi arriviamo al 9 di agosto, data del blitz delle fiamme gialle nell’ufficio “sicuro” del dottor Mignosa. Fabiano chiede all’amico primario se sussista “Il rischio che qualcuno noti la dazione”, ma il medico è perentorio e, gesticolando, lascia intendere che “Non si rischia alcunché”.
L’imprenditore, sorridendo, chiede a Mignosa: “Vado in bagno o usciamo?”. Il cardiochirurgo, però, non vuol saperne di allontanarsi dal proprio ufficio, che ritiene “Una roccaforte”. Dunque Fabiano dice al proprio interlocutore: ”Sopra l’armadietto”, facendo intendere l’ubicazione della mazzetta.
Il resto è il tintinnio di manette delle Fiamme gialle che fanno irruzione in ufficio e contestano ai due uomini i presunti reati per i quali gli inquirenti hanno previsto i domiciliari. Il 13 scorso Mignosa confessava i propri addebiti davanti al Pm Fabio Regolo e al Gip Carla Aurora Valenti, i magistrati evidenziavano che i finanzieri avevano scoperto in casa del primario ben 21mila e 400 euro in contanti, frutto di presunte dazioni illecite.
Dunque oltre la corruzione, sempre in via presuntiva, ci sarebbe anche la turbativa d’asta per il medico che, anni prima, sarebbe stato al centro di un’altra vicenda giudiziaria dalla quale usciva indenne. Il professionista, per anni, avrebbe tenuto nascoste le ripetute molestie sessuali in danno di giovani specializzande e neoassunte di Fisiopatologia circolatoria, ovvero studentesse universitarie che manipolavano le apparecchiature di sala operatoria.
La prima a denunciare gli abusi sessuali era stata Micol, 33 anni, la quale sin dall’età di 19 anni avrebbe subito moleste sessuali da parte di Santo Torrisi, docente e responsabile delle attività delle tirocinanti, tuttora sotto processo:
”… Si avvicinava, mi abbracciava, si spostava e mi stringeva da dietro – ha raccontato Micol in atti – si appoggiava, voleva farmi sentire quanto mi desiderava. Sono stata molestata per tre anni consecutivi da studentessa, per altri tre anni, professionista laureata, ho affrontato nuovi incubi…”. Carmelo Mignosa, amico del Torrisi, avrebbe insabbiato tutto uscendone prosciolto in istruttoria.