Fra inciuci, compromessi e impossibili alleanze la campagna elettorale entra nel vivo e non è detto che i problemi siano solo a sinistra. Anche questo centrodestra non è esente da gravi ambasce intestine. Alla fine di tutto questo ambaradam potrebbe beneficiarne Renzi che pensa di attirare larga parte dei moderati.
Roma – C’era una volta il grande Partito liberale che ha governato l’Italia dal 1861 al 1922. Paradossalmente senza avere mai goduto di un consenso di massa poiché votava una parte limitata dei cittadini, in larga parte aristocratici e altoborghesi. E quando è stato introdotto il suffragio universale maschile, con un sistema elettorale proporzionale, i “vecchi liberali” sono tragicamente scomparsi. Con la nascita della Repubblica italiana il Partito liberale (cd. PLI) ha traccheggiato tra l’1% e il 7% dei consensi senza mai sfondare veramente sino all’avvento di quella che è stata definita “Seconda Repubblica”.
Nel 1994 Silvio Berlusconi con la neonata Forza Italia ha provato a fondare un partito liberale di massa ma ha presto virato, dopo la sconfitta del 1996, verso il “centro democristiano“. Nel 2010 si cimentava nell’impresa Gianfranco Fini con Futuro e Libertà per l’Italia ma anche lui falliva senza attenuanti. Nel 2014 è stata la volta di Matteo Renzi che con il suo “PD liberal” aveva raggiunto il 40% dei voti alle elezioni europee per poi “bruciarsi” con il referendum costituzionale nel Dicembre del 2016.
Quest’anno sembrava “la volta buona” grazie a Carlo Calenda che con Azione e Più Europa pareva fermamente intenzionato a correre da solo alle elezioni, inglobando nell’alleanza anche Italia Viva di Matteo Renzi. Un Polo liberale alternativo al Pd e ad una alleanza di destra sovranista e marcatamente populista.
E invece in nome di interessi personali e di partito Calenda si è alleato con Enrico Letta e il Partito democratico favorendo la nascita di “un’armata Brancaleone” priva di un programma omogeneo e che resta unita solo per cercare di sconfiggere la destra o per limitare semplicemente i danni.
E se poi tale alleanza ingloberà anche la Sinistra Italiana e i Verdi, “la frittata è praticamente fatta” e non possiamo non ricordare il centro/sinistra del 2006 che “metteva dentro” praticamente tutti: da Di Pietro a Dini, da Bertinotti a Mastella, e che poi è caduto dopo avere governato solo due anni, vittima delle sue contraddizioni interne. Davanti a sondaggi impietosi che prevedono una larga vittoria della “destra”, forse bisognava avere più coraggio e cercare di “correre da soli” per creare una vera alternativa che non subito, ma fra cinque anni, poteva risultare vincente.
E davanti all’egoismo dei nostri politici che giustificano parlando di altruismo una scelta che è dettata invece da meri interessi personali, rischia seriamente di uscirne vincitore Matteo Renzi che pensa di piazzarsi da solo al centro e di raccogliere i voti di quei liberali e moderati italiani che non si riconoscono in una destra “francamente impresentabile” e neppure in un “centro/sinistra” sempre più confuso e privo di idee vincenti.