I dati derivanti da un rapporto stilato dall’ENEA ha acuito le preoccupazioni relative alle emissioni di anidride carbonica. L’aumento dei costi per l’energia contribuisce ad inasprire lo scenario già fortemente compromesso.
Roma – Le emissioni continuano a crescere. Sono anni ormai che in ogni discussione politica, convegno e incontro internazionale si parla di ambiente, di crisi del clima e di ridurre le emissioni di CO2 (anidride carbonica). Appunto, se ne parla, ma di fatti nemmeno l’ombra. L’ENEA ha presentato “L’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano per il secondo e terzo trimestre 2022”.
L’ENEA (Energia Nucleare Energie Alternative) è un ente pubblico di ricerca italiano che opera nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie. Ebbene, i risultati sono allarmanti. Nonostante, prima la stabilita dei consumi e poi il calo dell’1,5%, alla fine della fiera le emissioni di CO2 sono cresciute del 6%. Inoltre le fonti fossili stanno registrando livelli uguali a prima della pandemia. Questo già lo si subodorava da altri tipi di ricerche e analisi. Come logica conseguenza di questo andamento le fonti rinnovabili non potevano che calare di ben l’11%. La spiegazione parrebbe dovuta alla riduzione dell’idroelettrico, non compensata dalla crescita del solare e dell’eolico.
Gli esperti hanno manifestato preoccupazione soprattutto per l’aggravamento del 60% nel terzo trimestre dell’indice di transizione energetica ISPRED. Questo indice valuta le tre dimensioni cruciali per la transizione energetica: decarbonizzazione, sicurezza dell’approvvigionamento e prezzo dell’energia. Tre ambiti che, se in equilibrio, dovrebbero appunto favorire il passaggio da un’economia, quella attuale, basata sui combustibili fossili a una a basse emissioni di carbonio. Ora, il calo dell’indice è dovuto, innanzitutto, alla decarbonizzazzione, giunta al suo valore minimo. In questa situazione, l’ENEA sostiene che per ridurre le emissioni entro il 2030 del 55%, si dovrà avere una riduzione annuale di circa il 6% nei prossimi 8 anni. Col ritmo che stiamo sostenendo l’Agenda 2030 rimarrà, di sicuro, nel cassetto. Per quanto riguarda la sicurezza energica il report evidenzia uno scadimento del sistema gas.
Un’attenzione estrema va rivolta alle sue infrastrutture soprattutto la loro capacità di coprire la punta di domanda. Qualora si verificasse l’azzeramento totale dei flussi di gas dalla Russia, risulterebbe molto complicato soddisfare le richieste legate ai picchi di freddo intenso, che sicuramente investirà tutto il territorio nazionale. L’analisi è poi passata alla valutazione dell’andamento dei prezzi. Ebbene, per il gas l’aumento è stato simile alla media europea. Per l’elettricità la crescita è stata, invece, doppia, particolarmente per le aziende. Durante l’anno appena trascorso, sempre per quanto l’energia, i consumi sono calati nell’industria, mentre sono aumentati nei trasporti, anche se a tassi limitati.
La nota più dolente è, comunque, l’aumento delle emissioni scaturite quasi totalmente alla produzione di energia elettrica e calore, alle raffinerie e alle industrie energetiche. Si è registrato, nell’ultimo periodo, un calo del consumo di energia, dovuta, in gran parte, all’aumento dei prezzi che ha portato molte aziende a ridurre le loro attività. Sono cresciuti i consumi fossili: petrolio, carbone. In calo, invece, gas naturale e fonti rinnovabili. Dalla analisi dell’ENEA è emersa, infine, la scarsità di alcune materie prime, che potrebbero risultare ostative per la transizione energetica. La produzione industriale dell’Unione Europa (UE) dipende, in genere, dall’import di platino, litio, tantalio e cobalto.
L’Italia è ancora più dipendente da questi materiali, tanto che la sua produzione vale il 32% del PIL e l’86% delle esportazioni. Non sembra che le ultimi decisioni del governo meloni vadano nella direzione auspicata dall’ENEA. Sembra che si attenda la fine del Pianeta. E non avremo nemmeno l’occasione di raccontarlo!