Anche la Lega sarebbe obbligata ad osservare una legge dello Stato ma Salvini fa orecchie da mercante. Mentre Raffaele Volpi rimane imperterrito al suo posto. Le maggiori cariche istituzionali tacciono mentre Giorgia Meloni, al cui partito spetterebbe il Copasir, si rivolge a Mattarella. Tutti complici?
Roma – Ai parlamentari piace la trasgressione. Tant’è che Raffaele Volpi, presidente leghista del Copasir non intende schiodarsi dalla “poltrona” del Comitato bicamerale, con il placet della maggioranza.
Nonostante una legge dello Stato, la n° 124 del 2007 che regola e disciplina le relazioni tra il Governo, il Parlamento e l’Intelligence, stabilisca in modo esplicito che la presidenza dell’organo in questione spetta alle forze di opposizione. In questo caso dunque toccherebbe a FdI o ad altri “cespugli” rappresentati in entrambe le Camere.
Ma l’onorevole Volpi da Pavia non intende dimettersi, malgrado altri componenti di FI e FdI lo abbiano già fatto, sebbene non fosse necessario. A rimettere il mandato sono stati rispettivamente Elio Vito (FI) e Adolfo Urso (FdI). Gli altri componenti del Pd e del M5s tutti al loro posto, più incollati di prima alla seggiola.
Così all’unica forza d’opposizione, composta da un gruppo parlamentare a cui detta presidenza spetta di diritto, non vengono concesse le chiavi del Copasir proprio dall’alleato del centrodestra, con la compiacenza di tutti gli altri.
La Lega di Salvini, anche questa saldata con la fiamma ossidrica alla prestigiosa poltrona del potere, si richiama al precedente di Massimo D’Alema, rimasto presidente del Copasir nel 2011 durante il passaggio di consegne dal governo Berlusconi al premier Monti. Un brutto segnale per tutti: un abuso non può, non deve, legittimarne un altro.
Certamente fanno finta di nulla anche i presidenti di Camera e Senato, Alberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati, così come tutti gli altri leader di partito a cui Giorgia Meloni si è rivolta per sollecitarli al rispetto della legge. Tutti formalmente d’accordo. Tutti marpioni.
Le due cariche istituzionali, anziché intervenire, hanno preferito demandare la soluzione alle forze politiche, come evidenziato anche nella missiva che il senatore Adolfo Urso ha inviato alla presidente di Palazzo Madama:
“…Preso atto che il suo invito ad una soluzione politica non ha finora avuto risposta da parte dei gruppi di maggioranza – scrive Urso – e della successiva richiesta del presidente del Copasir affinché tutti i componenti il comitato rassegnino le proprie dimissioni, le manifesto la mia intenzione a rendere disponibile il mandato con gli altri membri che avranno analogo atteggiamento se lei ritiene che ciò possa servire a dirimere la questione…”.
Estratto della lettera scritta dal senatore Adolfo Urso alla Presidente del Senato, Elisabetta Casellati
Un vero e proprio caso istituzionale oltre che politico, tanto che Giorgia Meloni ha richiesto, giustamente, l’intervento del Presidente della Repubblica.
Ormai raggiungere un accordo politico sembra impossibile, nonostante Salvini e Meloni, entrambi del centrodestra, si professino alleati. Dice Pinocchio. Mentre gli altri partiti si gustano la scena.
Peraltro in queste condizioni, come si può immaginare, è difficile, per l’area di riferimento politico di FdI, raggiungere un accordo per un candidato comune alle amministrative. Non è mai troppo tardi giungere al rispetto della legge ma ancora non pare giunto il momento di Adolfo Urso, altro pretendente al trono della Commissione parlamentare.
Comunque in una nota congiunta i presidenti di Camera e Senato spiegano le ragioni giuridiche in base alle quali non possono mettere in atto alcun intervento di carattere autoritario sul Comitato. Precisano infatti di “non potere né imporre dimissioni, né revocare i componenti, né sciogliere o dichiarare l’organo decaduto”.
In ogni caso dal 26 gennaio il Parlamento non esercita più il controllo sulla politica di sicurezza del governo richiesto esplicitamente dalla legge.
La verità è che al centro della paralisi c’è la contesa fra due partiti alleati, Fratelli d’Italia e Lega, per la presidenza dell’organo bicamerale. La trattativa è rimandata, a tempo indeterminato. Anche perché al centro del tiro alla fune fra forze politiche non c’è solo la presidenza.
Se si volesse rispettare alla lettera il dettato normativo, bisognerebbe infatti rivedere la composizione stessa del comitato per renderla paritetica come previsto dalla L. 124. Conflitti d’interessi a parte.