La tematica della lotta a omofobia, bifobia e transfobia è tra le costanti del dibattito pubblico, seppure con alti e bassi. Oggi torna all’attenzione di tutti con manifestazioni sparse per il mondo e per l’Italia, complice il rinnovato interesse per il tanto chiacchierato – e osteggiato – Ddl Zan.
Roma – Si celebra oggi 17 maggio la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, una ricorrenza nata recentemente, nel 2004, riconosciuta dall’Onu e dall’Unione Europea. La giovane età di questa manifestazione globale non stupisce, se si pensa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha derubricato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali solo nel 1990.
Proprio in questi giorni si era ricominciato a parlare del Ddl Zan, affossato con poco più di metà dei voti contrari in Senato nell’ottobre dello scorso anno. Enrico Letta, segretario del Pd, ha approfittato della giornata odierna per esprimere ancora una volta la sua vicinanza alla questione:
“…Per noi è importante ribadire il concetto per una società più forte, inclusiva e moderna – ha detto il segretario del Pd – i diritti non sono mai contrapposti ad altre priorità. No alla logica del benaltrismo con cui la destra ragiona su questi temi, noi parliamo di doveri, ma non ci sono doveri se non ci sono diritti. Emerge una nostra alternatività a una destra che sui diritti civili e sociali è tra le più arretrate d’Europa…”.
In effetti le critiche più aspre al disegno di legge che porta il nome di Alessandro Zan, politico e attivista, sono giunte in larga parte dal centrodestra, raggiungendo talvolta apici di cattivo gusto di rara pochezza. Non servirebbe a nulla in questa sede citarli o fare i nomi degli autori, se non a dare loro ulteriore immeritata visibilità. Per chi fosse curioso basta fare un giro su Twitter o su Facebook.
In ambito politico la più efficace delle risorse è la mediazione. Specie quando sul tavolo ci sono i diritti. In questi casi si auspica sempre che entrambe le parti possano mettere da parte l’orgoglio, l’idealismo e pensare indipendentemente dal riscontro del bacino elettorale a favore della lotta allo stigma che ancora pesa sui gruppi sociali e che, all’atto pratico, compongono la società contemporanea.
Evitare ostruzionismi, cadute di stile e grottesche stereotipazioni da un lato, dall’altro occorre limare gli spigoli più vivi delle proposte portate all’attenzione degli “onorevoli” per facilitarne la graduale accettazione. Ma questa è una visione purtroppo utopica. All’inclusione si arriverà solo per gradi e con innumerevoli e silenziose battaglie quotidiane. Da qui ad allora tanto, tanto rumore.