Montecitorio – Alla Buvette serve più camomilla

I partiti sono ormai sull’orlo di una crisi di nervi, in cerca della propria identità che tarda ad evidenziarsi, anche per il fritto misto governativo che li lega l’uno all’altro da quando c’è Draghi. Le questioni all’ordine del giorno sono sempre di più, i problemi si accumulano, le risposte tardano ad arrivare e la tensione cresce in maniera esponenziale. Cosi non si va da nessuna parte.

Roma – Battaglia a tutto tondo. Il centrodestra non sembra avere pace tra la disputa per la leadership e il continuo tira e molla di Fratelli d’Italia, che in ogni caso vola nei sondaggi mietendo consensi tra i tanti transfughi del Parlamento. Fuggitivi e scambiatori di casacca in cerca di una dimora più sicura che li salvi dalle intemperie delle prossime elezioni nazionali. Conte e Letta, del resto, non sembra stiano procedendo verso la stessa direzione, anzi sono sempre più evidenti problemi e divergenze.

Il segretario del Pd, non a caso, fa trapelare il fastidio di un M5s “barricadero”, soprattutto per la posizione di contrarietà assunta nei confronti dell’invio di armi all’Ucraina, sentimento condiviso dalla maggioranza degli italiani. Così l’ex presidente del Consiglio non molla, anzi rilancia e sfida sia Draghi che Letta. Quest’ultimo non gradisce e minaccia di essere pronto alle elezioni anticipate in caso nascessero problemi in Parlamento. Ma è solo un modo per distinguersi da Conte.

L’ipotesi che il Movimento 5 Stelle lasci il governo Draghi è sul tavolo da qualche settimana e molto dipenderà dall’informativa che il Premier terrà in Parlamento per il prossimo 19 maggio. Ma tutti sanno che Draghi, limitandosi a un’esposizione dei fatti, soprattutto per quanto attiene l’incontro con Joe Biden, eviterà di determinare un voto sul suo operato. E questa linea la dice lunga. Nonostante questo colpo gobbo, Letta avverte gli alleati del “campo largo” ossia di non giocare con il fuoco, perché potrebbe esplodere tutto.

In ogni caso il leader dei Dem appare sicuro sulla tenuta dell’esecutivo: “…Non ho nessun dubbio che questo Governo arriverà alla fine naturale della legislatura e che sia l’ultima maggioranza…”, afferma Letta con una rassicurazione che suona anche come un avvertimento. Come a dire: nessuno pensi di approfittarne per strappare un rimpasto e accontentare chi, all’interno dei partiti, reclama ruoli di primo piano. Insomma, se cade Draghi si va al voto.

Roberto Gualtieri, sindaco di Roma

Non si può però prescindere dalla battaglia grillina contro il termovalorizzatore di Roma, sostenuto da tutto il Pd e dal sindaco Roberto Gualtieri, così come la difesa del Superbonus del 110% per l’edilizia, avversato dal Premier. I problemi sono tanti. Letta ha spiegato chiaramente ai suoi dirigenti e, a quanto pare, allo stesso Conte, che se i grillini decidessero di lasciare il governo Draghi per i Dem la legislatura terminerebbe immediatamente. Questo perché il Pd non avrebbe alcuna intenzione di restare in un esecutivo che, senza i pentastellati, sarebbe dominato dal Centrodestra di governo a trazione Lega.

Proprio nei primi mesi dall’insediamento come segretario Letta aveva fatto di tutto per screditare la Lega e logorare Salvini invitandolo alle dimissioni dei suoi ministri, che criticavano “il manovratore” e i provvedimenti del Governo. Il messaggio dal Nazareno, anche stavolta, è chiarissimo: se Conte, come allora Salvini, ha in mente di fare un passo indietro, o di lato, dal Governo, il Pd si ritirerebbe dalla maggioranza e chiederebbe le elezioni già a settembre.

Ma nulla di tutto ciò accadrà, per il semplice fatto che il presidente Mattarella non lo consentirà. La verità è che sulle posizioni di Conte, maggioritarie nel Paese, Letta appare indifeso. Ricordiamo che il suo “campo largo” è nato quando il M5s iniziava a barcollare, pensando bene di poterlo balcanizzare. Invece…

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