Silenzio in aula. Parla Draghi

La risposta alle fratture che percorrono la politica italiana potrebbe venire dalla necessità di far fronte, di concerto con le altre potenze europee e d’oltreoceano, al ridisegnamento delle linee di potere globali messo in moto dal conflitto russo-ucraino. Il si del Premier all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia.

Roma – Stop agli armamenti? Il ministro Guarini ha chiarito che non è previsto alcun nuovo invio di armi all’Ucraina, già piena di materiale bellico, forse oltre misura. Il recente asse Conte-Salvini, però, turba gli equilibri già precari nelle due coalizioni di centrodestra e centrosinistra. Pur sembrando la riedizione dell’alleanza giallo-blu del primo governo Conte, non è attualmente in discussione un nuovo assetto politico-elettorale. Sono in gioco invece nuove istanze europeiste che fanno breccia, rispetto alla collocazione geostrategica dell’Italia.

Meloni e Salvini, l’alleanza scricchiola

In questo contesto deve essere inquadrato lo scenario preelettorale che si va predisponendo via via che passano le settimane. Il dibattito è ancora concentrato sulle coalizioni e sulle fratture presenti nel campo largo, si vedano i difficili rapporti tra Conte e Letta. Così come nel centrodestra, dove tengono banco la sfida SalviniMeloni e il confronto fra i tre leader in un pranzo ad Arcore con inizi di disgelo ma con il pemanere di diffidenze e perplessità.

Dopo il voto nel 2023, soprattutto in caso di un esito elettorale incerto, non si può escludere la nascita di una coalizione euro-atlantica. Con la conseguente esclusione di tutte quelle forze non pienamente allineate con l’Occidente. Una nuova convergenza che sarà quasi certamente benedetta da Mattarella. A ben vedere, con l’invasione di Putin, si sta affermando sempre più un nuovo vincolo euro-atlantico.

L’invasione russa ha ridisegnato lo scacchiere mondiale. In questo scenario l’Italia si è mostrata di stretta fedeltà atlantista ed europeista, grazie alla netta posizione di Draghi. Non è un caso che il nostro Paese abbia fornito armi all’Ucraina e sia in piena sintonia con i principali partner internazionali. Una linea non scontata se si considera che i due esecutivi guidati da Conte avevano guardato spesso a Cina e Russia con occhio benevolo.

Ed è proprio qui che si innesta il nuovo vincolo esterno legato allo schieramento internazionale. Con il cambio degli equilibri globali sarà difficile che possa insediarsi un governo che guardi a Est più che a Ovest. In altre parole per sedere a Palazzo Chigi saranno cruciali le credenziali euro-atlantiche. Quindi un legame solido con l’Unione Europea e poi la fedeltà alla Nato, oltre che agli Stati Uniti. Questo sarà un punto nevralgico per ogni coalizione.

Di avere questa nuova visione sono pienamente consapevoli sia Meloni che Letta, i quali si sono espressi in modo chiaro sulla questione russa. Molto meno invece Salvini e Conte, che sembrano percorrere un’altra strada tanto da apparire ancorati al passato e, forse, più fortemente ai sondaggi. L’ex premier, infatti, continua ad opporsi all’invio di armi in Ucraina e sta facendo di tutto per avere chiarezza dal Premier, nonostante la posizione filo-draghiana di Di Maio. Anche il leader leghista si muove secondo una peculiare linea pacifista.

Certo è sconfortante vedere come possa essere strumentalizzata politicamente ogni visione non violenta o di adesione di fatto alla guerra dell’Italia in un’ottica internazionale non più solo europea. I calcoli da “bottegai”, che ridicolizzano ogni strategia di mediazione, impoveriscono qualsiasi dibattito. La libertà di dissentire dal “manovratore” non può ridursi a un banale voler mettere i bastoni tra le ruote di Draghi. Sarebbe troppo semplicistico.

Ma, d’altro canto, la mediazione andrebbe vista anche come un tentativo di uscire dalla crisi economica, indotta anche dal conflitto russo-ucraino. Le sanzioni di cui tutti parlano e che gonfiano il petto di tanti osservatori finora stanno solo penalizzando il Bel Paese. E molto pesantemente. Se si riuscisse a vedere in prospettiva si noterebbe facilmente come la recessione a venire distruggerà i timidi passi in avanti fatti sino ad oggi. Per Finlandia e Svezia nella Nato che ben vengano. Per Draghi non ci sono dubbi.

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