Tutto quello che si poteva fare Giorgia Meloni ed i suoi l’hanno fatto. Forse un pizzichino di più specie per quanto riguarda il lavoro autonomo si poteva tentare ma va bene cosi. Adesso la macchina Italia dovrebbe ripartire, anche a spinta, per tentare di uscire fuori da questa maledetta crisi. Le premesse ci sono.
Roma – I tre numeri principali della manovra 2023 da 35 miliardi di euro, varata dal governo Meloni, sono 21 miliardi per i provvedimenti contro il caro-energia, 4,2 miliardi di euro per il taglio di 2-3 punti del cuneo fiscale per i lavoratori e 1,5 miliardi per i provvedimenti per la famiglia e la natalità. Da questi tre dati si può ricavare la definizione di una manovra scevra da populismo e marcata identità. Tra i singoli provvedimenti sostenuti con maggiore enfasi dalla Premier troviamo l’aumento delle pensioni minime a 600 euro, la Flat tax fino a 85 mila euro per le partite Iva e il congedo parentale prolungato e retribuito all’80%. Il destino del reddito di cittadinanza è, invece, stato prorogato, con qualche paletto fino al 2023 ma per soli 8 mesi anziché l’intero anno. Lo sconto sul prezzo dei carburanti viene ridotto.
Si passa così dall’attuale taglio, comprensivo di Iva, di 30,5 centesimi ad un taglio di 18,3 centesimi in meno. Anche se pare che gli autotrasportatori che potranno contare su altri regimi agevolati. Insomma hanno vinto prudenza e responsabilità. Una scelta politica precisa. La prudenza talvolta implica coraggio. In molti, specialmente fra le opposizioni, si aspettavano che venisse fatta un po’ di macelleria sociale o un bel carico di follie, ma cosi non è stato:
“Mi dispiace di aver deluso le aspettative – ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, sottolineando con orgoglio di aver rifinanziato anche le misure giuste del governo Draghi:”…Abbiamo detto che avremmo concentrato l’intero scostamento di bilancio sull’energia, e così è stato. Infatti, sull’energia vanno 21 miliardi, quasi esattamente lo scostamento bilancio…
…L’abbiamo fatto però in modo indirizzato, organizzato, esattamente alle famiglie più bisognose e alle imprese, che devono superare una situazione di crisi e di recessione internazionale che, in qualche modo, è annunciata…”.
Le opposizioni, invece, hanno una visione chiaramente diversa dal governo, tant’è che sabato 17, ha annunciato il segretario del Pd, ci sarà una manifestazione contro quella che i dem considerano una manovra improvvisata e iniqua. Inadeguata rispetto al rischio recessione e all’impennata dell’inflazione.
“…Ci avevano raccontato di essere pronti – ha affermato il leader del M5s – eppure la legge di Bilancio si conferma una manovra davvero misera che, incapace di rispondere al disagio del Paese, apre una guerra agli ultimi…”. Ci si dimentica, atteso che le elezioni si sono svolte il 25 settembre, che si poteva correre il rischio di allungare i tempi della manovra di bilancio ed andare in esercizio provvisorio. La sinistra pronostica che il Paese è sull’orlo del baratro, almeno questo è il refrain di Pd e 5 Stelle. Ma di fatto lo era anche con il governo Conte e con quello Draghi. Ma tutte le profezie più cupe sono state sconfessate. In questa direzione Giorgetti ha mandato un messaggio chiaro intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della manovra:
“Qui qualcuno è rimasto deluso, chi prevedeva ritardi è rimasto davvero deluso”. Parole forti che mettono in chiaro il clima da stadio che si vorrebbe fare respirare. La situazione economica e sociale è veramente al collasso, ma certamente non si può assistere all’operazione di marketing politico del Pd e di parte della sinistra che non riuscendo a trovare un collante tra le opposizioni in Parlamento, si sposta nelle piazze non tanto per presentare le proprie controproposte, ma solo per manifestare la contrarietà al governo. Sempre i soliti, non cambieranno mai.