La fiducia al nuovo premier sarà plenaria nonostante Fratelli d'Italia e qualche parlamentare dei 5 Stelle "dissidenti" abbiano deciso per il no. In carnet provvedimenti urgenti per le imprese, vaccini, Cig e rinvio atti fiscali.
Roma – Oggi si vota al Senato e giovedì alla Camera. Un appuntamento che sta per diventare storico, per il numero di voti che riceverà. L’esecutivo di Draghi non sarà comunque “il governo di tutti” poiché Fratelli d’Italia, da subito schierato all’opposizione, non voterà la fiducia decidendo di approvare o meno i provvedimenti che man mano verranno proposti in Parlamento.
L’atmosfera è comunque incandescente. A fine mese rimangono le incognite sugli stipendi di Alitalia ed il blocco degli atti fiscali. Seguiranno gli aiuti alle imprese, speriamo concreti e congrui, la disponibilità dei fondi per il proseguo della Cassa integrazione e la spinta per accelerare il piano vaccinale le cui notizie si sono diradate nelle ultime settimane.
Le uniche variazioni dipenderanno da quanto ampio sarà il dissenso dentro il Movimento 5 Stelle, ancora fortemente diviso, anche dopo la votazione sulla piattaforma Rousseau che ha dato il via libera al sì per Draghi. Una situazione che potrebbe portare anche ad una scissione che molti grillini auspicano. Di Battista in testa.
Si vedrà al Senato ed alla Camera dove Draghi presenterà le sue linee programmatiche per ottenere la fiducia. In ogni caso non è in discussione la tenuta della maggioranza. Anzi i bene informati prevedono di superare il risultato di Mario Monti che nella fiducia iniziale ottenne 281 sì a Palazzo Madama e 556 sì a Montecitorio.
Un record nella storia repubblicana. A Palazzo Madama, però, si parte da 298 voti, infatti tolti i 19 senatori del partito di Giorgia Meloni, il premier può contare sul sostegno di tutte le altre componenti: M5S (92 seggi), Lega (63), Forza Italia (52), Pd (35), Italia Viva (18), Azione-+Europa (2), Maie-Cd (10), Autonomie (7), Idea-Cambiamo (3), Mario Monti, Liliana Segre, Sandra Lonardo e forse Lello Ciampolillo, con 6 ex M5S vicini alla destra, che potrebbero votare sì.
Invece Sinistra italiana (che fa parte di Leu) ha deciso di negare la fiducia a Draghi ma l’unica senatrice, Loredana De Petris, ha già annunciato che voterà a favore e quindi in dissenso con il suo partito. Sempre in Senato Pd-M5S-Leu hanno costituito un intergruppo parlamentare per non disperdere l’esperienza del governo Conte bis.
Alla Camera invece le ex grlline Nugnes e Fattori voteranno no a Draghi. In teoria sommando tutti questi numeri si arriverebbe sulla carta a 298 consensi.
L’incertezza, insomma, è solo di qualche unità. I numeri debbono tenere conto di quello che sta accadendo nel martoriato partito di Grillo. Qui il fronte “ribelle” può contare su una trentina di senatori che però al momento del voto potrebbero essere di meno. L’obiettivo della dirigenza del Movimento, da Vito Crimi a Luigi Di Maio, è quello di ridurre il numero di dissidenti a non più di venti.
Una speranza che difficilmente si può ipotizzare, considerato l’alto tasso di insoddisfazione che serpeggia tra i grillini. Bisognerà vedere anche la distribuzione degli incarichi dei sottosegretari di Stato e dei vice ministri. Certo è che alla Camera non tutti i deputati del M5S si adegueranno al responso di Rousseau, anche se qui i ribelli sono meno numerosi.
I non allineati sarebbero una quindicina su 190 seggi pentastellati. Per quanto riguarda i 12 di Leu, il voto contrario sarà espresso solo dal segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, mentre l’altro deputato, Erasmo Palazzotto, ha annunciato l’intenzione di sostenere il nuovo esecutivo.
Alla fine Draghi potrebbe mettere il cappello su 575 deputati. E sarebbe in ogni caso un primato. Dai sondaggi SWG alla vigilia del voto di fiducia al premier emerge Forza Italia in crescita mentre calano Lega, Pd, Fratelli d’Italia e M5S.
Se si votasse oggi, in effetti, la Lega con un meno 0,5%, passerebbe dal 24 al 23,5% rispetto ad una settimana fa. Solo un -0,2% per il Pd che dal 19 scenderebbe al 18,8%. Fratelli d’Italia perde lo 0,3% fermandosi al 16,2% mentre M5S dal 15,8 passerebbe al 15,4% (-0,4%). Un +0,5% per Forza Italia che si attesterebbe al 6,9%. Segno positivo anche per Azione che arriverebbe al 4,3% (+0,3%). Al 4% Sinistra Italiana (+0,3%). Ferma al 3,1% Italia Viva.
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