ROMA – MENTRE DRAGHI INCONTRA I GRANDI DEL MONDO IN CASA CINQUE STELLE E’ CAOS

Il piano vaccinale prosegue a rilento e alcune aziende hanno annunciato la diminuzione delle forniture. Il virus continua la sua corsa e gli scandali sulle speculazioni nella sanità dilagano in tutta Italia.

Roma – La prima giornata da Presidente del Consiglio nel pieno dei suoi poteri, dopo la fiducia dei due rami del Parlamento, è stata fitta di importanti appuntamentiIl debutto del nuovo premier sulla scena mondiale del G7, in realtà, non è un evento da esordiente. 

L’assise internazionale si è trasformata per Mario Draghi in un incontro fra amici che non si vedevano da qualche tempo per colpa della pandemia. Il premier ha porto il saluto virtuale dell’Italia ai grandi del G7 e poi via all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, altro appuntamento irrinunciabile. 

Subito dopo dietro la scrivania e in altre sedi istituzionali per ultimare la lista dei viceministri e sottosegretari che pare ormai completa e pronta per le presentazioni.

Il saluto virtuale di Draghi ai componenti del G7

Il Governo Draghi probabilmente è destinato a cambiare il futuro scenario elettorale nonostante l’esecutivo debba risolvere principalmente i gravi problemi economici e sanitari del Paese. Certo le urne non sono lontane ma prima di allora ci sono diversi compiti ormai indilazionabili da portare a termine. 

La legislatura vedrà la sua fine naturale tra due anni ma non si esclude che nel febbraio del 2022, con il termine del settennato di Sergio Mattarella, non possa essere proprio Mario Draghi a diventare il nuovo inquilino del Quirinale. In tal caso l’election day, subito dopo, potrebbe diventare una possibilità concreta. 

Al di là della tempistica del voto c’è da capire quale sarà l’impatto della composizione delle nuove coalizioni senza avere ancora un’idea della nuova legge elettorale che dovrà essere varata a seguito della riduzione dei parlamentari.

Nicola Morra

Comunque stiano le cose quanto più la maggioranza è allargata, tanto più la coesione interna diminuisce. Due variabili inversamente proporzionali che fanno sentire il loro peso. Pensiamo a Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, uno dei grillini che ha deciso di non votare la fiducia a Draghi in dissenso col suo partito. Come altri il senatore verrà espulso dal gruppo pentastellato di Palazzo Madama. 

La dichiarazione secca e stizzosa di Morra fa subito capire l’aria che tira: “…Io rappresento l’istituzione nata per combattere le organizzazioni mafiose e nel discorso di insediamento il premier non ha mai pronunciato la parola mafia. Ricordo solo che sono esponente di un movimento nato per onorare Falcone e Borsellino, ha aggiunto, infatti se tanti italiani ritengono che l’azione delle istituzioni, per il contrasto delle mafie, sia molle e debole, hanno ragione…”. Parole che lasciano il tempo che trovano, ovviamente.

Il sistema politico ha cercato, riuscendovi, di omologare il M5s, ha sostenuto peraltro il senatore. Infatti il movimento era nato come rivoluzionario ma da quando è entrato nei palazzi del potere, si è notevolmente imborghesito e trasformato. In peggio.

Comunque molti grillini, a proposito delle espulsioni, sostengono che bisognerebbe agire con calma, in attesa che vengano ricostituiti gli organi del collegio dei probiviri, affinché si operi nel pieno rispetto delle regole statutarie, oltre che nel rispetto dei contrappesi associativi di tutti gli organi del M5S.

In poche parole del Movimento 5 Stelle originario rimangono solo le ceneri e uno sparuto numero di persone che crede ancora nei vecchi ideali che si sono sciolti come neve al sole trasformando il gruppo parlamentare in una sorta di “setta” all’interno della quale bisognava agire a seconda degli ordini che venivano dall’alto.

Quando qualcuno ha tentato di dire la sua, è stato allontanato ed epurato. L’attaccamento alla poltrona e le controversie intestine hanno provocato la fuga di decine di deputati e senatori che non si ritrovano più nel partito più litigioso d’Italia. 

L’ex deputato Alessandro Di Battista, dopo aver annunciato la sua uscita dal Movimento 5 Stelle, torna a parlare della sua scelta, in diretta Instagram, affermando di non volere fare scissioni, né correnti e di non candidarsi nemmeno per il direttivo pentastellato. Poi precisa: “…Qualcuno dice che ho il simbolo di Italia dei Valori – ha scritto Dibba sui social – ma è solo un avvelenatore di pozzi”.

Alessandro Di Battista

Di Battista spara a zero e non risparmia critiche a nessuno. Specie contro Matteo Salvini: “…Il leader della Lega farà come ha fatto durante il primo governo Conte – scrive il buon Dibbapicconerà ogni giorno il governo, ma non se la prenderà con Draghi perché è un pavido. Non vuole governare davvero e non vuole prendersi le responsabilità…”.

Ce n’è anche per Giorgia Meloni, tanto per cambiare: “…Farà solo un’opposizione elettorale – aggiunge Dibba – comunque non sostanziale e vera, attaccherà il Pd e i 5 Stelle ma anche lei si comporterà in maniera pavida…”.

Altre parole, quelle di Di Battista, senza alcun significato. A proposito di “pavidi“. Non dimentichiamo che nel primo governo Lega-M5S c’era anche Di Battista sui palchi del trionfo ma all’epoca su Salvini nulla da eccepire.

Dibba e Matteo

Dopo invece si è aperta una cloaca maxima fra i due partiti che prima andavano d’amore e d’accordo. Questa è la politica italiana degli ultimi anni terribili ma il buon Draghi lo sa bene e sa anche come regolarsi. 

 

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