Il Bel Paese non è ripartito e non ripartirà in queste condizioni di precarietà e insicurezza in cui la politica ha giocato il ruolo peggiore. Nel marasma del momento più buio del secolo c’è chi si preoccupa del taglio dei parlamentari cavalcando l’ennesimo scandalo. Bella roba.
Roma – Quella di aver chiesto il bonus senza averne bisogno è stata una porcata, diciamolo francamente. Un insulto agli italiani, e sono sempre di più, che vanno alla Caritas perchè non possono permettersi due pasti caldi. Se i furbastri che hanno ottenuto i 600 euro (e li avrebbero avuti subito non come milioni di comuni mortali che non hanno preso un fico secco) di cui Tridico svelerà oggi i nomi, non faranno le valigie allora davvero abbiamo ragione di incazzarci. Beninteso non parlo dei consiglieri comunali di civici consessi che hanno 100 abitanti, dunque lavoratori anche loro e che non vivono di certo con l’indennità di carica, piuttosto degli onorevoli che di quei 600 euro non ne avevano bisogno. Li chiamano furbetti, noi cialtroni. Chissà perchè.
Ma c’è chi fa di peggio, a mio avviso. Uno di questi è Luigi Di Maio che, approfittando dell’occasione, cavalca la storiaccia per promuovere il referendum per il taglio dei parlamentari. Del resto è sotto gli occhi di tutti che da quando è scoppiato lo scandalo c’è chi ne ha approfittato per fomentare l’odio anti-casta dunque per spingere verso la chiamata alle urne di settembre. Anche perchè se l’assise pro o contro si trasformasse in flop il Movimento 5 Stelle potrebbe ritenere come ultima questa legislatura e andare a casa definitivamente. Ma Di Maio incrocia le dita e va giù di propaganda:
“…Ricordiamo che ci sono tanti padri e madri di famiglia che chiedevano quel bonus perché non riuscivano ad arrivare a fine mese – ha detto il capo della Farnesina – e questo di sicuro non è un problema dei parlamentari…Noi del M5S chiediamo da anni che i parlamentari si taglino lo stipendio, abbiamo fatto la battaglia per i vitalizi e per il taglio dei parlamentari. Il referendum del 20 e 21 settembre durante i quali sarete chiamati a votare dovranno essere un segnale di sobrietà. Ora questo referendum ha ancora più senso…”.
Veramente i parlamentari potrebbero rimanere di egual numero ma onesti, per esempio. E anche questo avrebbe un senso. Ma spingere sull’acceleratore del referendum perché è scoppiato l’ennesimo scandalo, al contrario, davvero non ha alcun significato logico, meno che politico. I problemi gravi sono altri e mentre la politica si prepara per la pausa di Ferragosto, occorre ricordare le grandi e gravi emergenze che supereranno di gran lunga l’eco mediatica del ritorno alle urne per tagliare il numero di deputati e senatori. Decine se non centinaia sono le imprese che hanno licenziato il personale e che poi hanno chiuso i battenti. Il numero di saracinesche abbassate di artigiani, commercianti e autonomi in generale non si contano più.
I lavoratori in cassa integrazione e senza futuro sono migliaia. I lavoratori senza cassa integrazione e senza altre possibilità di riassunzione quanti saranno dopo il 31 dicembre? I prezzi dei beni di consumo stanno scendendo, indice di una forbice di povertà che si va allargando di settimana in settimana. E già si riparla di nuove restrizioni quando per vedere qualche euro dovremo attendere la fine del 2021 con i Recovery Fund europei. Siamo alla canna del gas e Di Maio si preoccupa del referendum? Ecco, questo straparlare non ha senso. E non è degno di un ministro della Repubblica.
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