Riaspettando la pensione? Il dramma per una svista.

Ennesimo effetto speciale dell’Inps. Il carrozzone burocratico-previdenziale lascia una 70enne senza pensione per due mesi perché era morta una sua omonima. Una svista e un cittadino anziano che rimane senza sostegno.

La colossale svista dell’Inps! E’ proprio vero: la realtà, a volte, supera l’immaginazione. Sembra una storia degna del teatro dell’assurdo di Samuel Beckett e della sua opera più nota: Aspettando Godot. E’ la storia di due uomini, di cui non sia nulla, in attesa per un motivo sconosciuto di Godot, che non arriverà mai. Nel nostro caso, potremmo titolare: “Riaspettando la pensione”, che è stata bloccata dall’Inps per una colossale svista. I fatti: una 70enne di Balanghero, piccolo borgo in provincia di Torino, non riceve la pensione da due mesi perché ritenuta deceduta dall’Ente. Un chiaro caso di omonimia, che per la burocrazia italiana sembra diventato un mistero irrisolvibile.

Si pensi che la malcapitata deve dimostrare di essere in vita. Ordinaria follia burocratica del nostro Paese: non basta mostrare i documenti che mostrano che la deceduta non è lei, ma deve certificare di essere vivente! Si è sostenuto che la digitalizzazione avrebbe potuto risolvere gli impedimenti di questo tipo in un battibaleno ed invece un caso banale come questo è ancora in attesa di soluzione. La protagonista della sconcertante vicenda, in una intervista, ha raccontato la sua triste avventura:

“…Ho dovuto chiedere al comune di Balangero di produrre e rilasciarmi quella che si chiama dichiarazione di esistenza in vita. Insieme alla fotocopia della carta d’identità, l’ho spedita via mail in primis alla banca, il 5 luglio scorso, altrimenti mi avrebbero bloccato il conto corrente. Il 14 luglio ho spedito tutto all’Inps, sia di Torino che alla sede di Roma. Questo sempre tra una telefonata e l’altra, sperando che l’iter si sbloccasse. Macché, il caso è ancora irrisolto. Sono già due mesi che non percepisco la pensione…”.

Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Nulla da fare. Per l’Inps malgrado tutto, l’insegnante risulta deceduta. E’ morta agli atti, ma è vita e vegeta. Per la legge, non esiste! Un semplice caso di omonimia, che sta creando non pochi disagi, come potrebbe succedere a chiunque di noi in questi casi. Ha rischiato, finanche di vedersi bloccato il conto corrente, in quanto la banca aveva ricevuto la comunicazione dall’Inps proprio per bloccare le pratiche in corso.

Ora si spera, vivamente, che la signora risolva al più presto il suo contenzioso con l’Inps. Anche perché ci sono tante persone che non riescono a sopravvivere se viene loro sospeso lo stipendio o la pensione per un mese. E poi il caso di omonimia non l’ha prodotta la signora, ma è scaturito da un errore dell’Ente.

Quindi è l’Inps che deve risanare la stortura. Senza se e senza ma. Perché sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico come si dice in questi casi. L’Italia non è nuova a prodigi del genere. Quello che forse è stato il più eclatante, tra i tanti obbrobri quotidiani della Pubblica amministrazione, è il caso degli esodati. Ricordate? Sono stati le vittime della Legge Fornero che innalzò l’età pensionabile.

Il famoso pianto di Elsa Fornero

Ovvero quei lavoratori che decisero di lasciare il lavoro in anticipo, beneficiando di un’indennità provvisoria, firmando il licenziamento volontario e usufruendo dell’indennità di mobilità nell’intervallo di tempo previsto prima del perfezionamento dell’età necessaria per la pensione. Queste persone si sono improvvisamente trovate: senza stipendio, senza pensione e senza ammortizzatori sociali.

E’ vero che in seguito sono state approvate le famose clausole di salvaguardia per riparare le dissonanze. Il problema non è questo, quanto piuttosto l’incapacità, atavica ormai, di previsione programmatica su questioni che riguardano la carne viva dei cittadini. Se nell’era di Internet un caso come l’omonimia dell’insegnante non si risolve repentinamente, meglio piantare baracca e burattini e chiedere asilo politico!

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