REGGIO CALABRIA – BRUTTI,SPORCHI E CATTIVI: MEGLIO I MIGRANTI CHE LA ‘NDRANGHETA.

Parlare di una cosa per nasconderne un'altra è un vecchio trucco, qualche volta anche mediatico, più volte posto in essere da una certa politica collusa e connivente. I migranti tengono banco mentre della realtà mafiosa che strozza paesi e città si parla sempre di meno. Le mafie ringraziano.

Reggio Calabria – I 13 migranti positivi al Covid-19, facenti parte del gruppo dei 70 bangladesi sbarcati sulle rive calabresi, sono stati trasportati da Amantea all’ospedale militare del Celio a Roma. I mostri sono chiusi, sigillati. Magari dalla collinetta del Celio i migranti godranno anche di una vista privilegiata sul Colosseo. Mezza pensione e colazione in camera. Le dimostrazioni dei manifestanti sdraiati per terra, e prontamente diffuse su scala nazionale, hanno avuto ragione. Ora si può tornare alla normalità. Ma a quale normalità? A quella fatta di Comuni commissariati e sciolti per infiltrazione mafiosa e continui scandali e intrecci tra politica e cosche? Perché il paradosso è proprio questo: 13 migranti isolati, controllati e già identificati, diventano l’ago della bilancia in una Regione martoriata dalla ‘ndrangheta. Lo sfogo domenicale, la bestia sacrificale, il debole contro cui è facile schierarsi.

L’ospedale del Celio a Roma

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In questi giorni non una parola sul fatto che la “tragedia” abbia avuto luogo in un Comune che il 14 febbraio scorso il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, ha sciolto per infiltrazione mafiosa con le relative, classiche motivazioni previste dalla legge:“…Accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali, a norma dell’articolo 143 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali…”.  In una realtà dove le inchieste hanno dimostrato che tutti gli appalti pubblici erano manipolati dalle cosche (la mensa, il porto, i parcheggi e la derattizzazione).

Luciana Lamorgese

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E se, invece, nessuno dei migranti fosse stato positivo al virus? Probabilmente zappa e cappello, sarebbe già dispiegato in qualche campo della piana di Gioia Tauro a lavorare per due euro l’ora. In quel caso non avrebbe dato fastidio a nessuno? Al contrario avrebbe contribuito ad accrescere l’orgoglio dei meridionali, fieri, giustamente, della bontà e della genuinità del cibo made in Sud. Qualche tempo fa da queste colonne avevamo scritto che il carnevale attira più dell’antimafia. A questo bisognerebbe aggiungere: un immigrato fa più scalpore di un boss mafioso. Paradossale, inoltre, come le schiere di giornalisti e operatori tv schierati davanti a chi gridava “…Non sono razzista ma…”, retorica post-strutturalista in chiaro stile salviniano, non abbiano dato la minima risonanza al fatto che ad Amantea uno degli assessori sia indagato dalla Dda di Reggio Calabria per corruzione. L’amministratore, nonostante tutto, riscalda quotidianamente la sua poltrona che si mantiene ben stretta. Poi si vedrà. E che dire delle assicurazioni dei medici che garantivano nessuna conseguenza sulla salute pubblica?  E che tutti i protocolli erano stati eseguiti correttamente e non bisognava cedere a facili allarmismi?

Le proteste ad Amantea

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Non c’è da stupirsi. E’ solamente l’ennesima riconferma dell’incapacità di comunicare della politica. La ricerca di una perenne campagna elettorale, di un nemico da attaccare, di una passerella dove sfilare con pifferi e tamburi e di un sentimento aggregativo da sfruttare con la solita dietrologia di certi lugubri personaggi. Speculare sul momento di difficoltà per oscurare i limiti di una politica che in Calabria, come in molte altre Regioni, si piega ai voleri delle ‘ndrine. Ed allora attraverso la costante ricerca del capro espiratorio momentaneo si occultano gli insuccessi programmatici, l’incapacità di creare posti di lavoro e di sottrarre giovani alla criminalità organizzata. E mentre il meridione si classifica al terzo posto per il numero di disoccupati in Europa, e il Financial Times parla degli investimenti delle ‘ndrine nell’alta finanza con i mafia bond, il nostro reale problema diventano 13 migranti. Con un po’ d’amarezza ritornano in mente le parole dell’intellettuale Guy Debord, il quale sosteneva che nel mondo rovesciato, il vero diventa inestricabilmente un momento del falso.

Se il livello di interazione mediatica tra stampa, politici e popolazione fosse meno superficiale, le paure e l’indignazione collettiva potrebbero rivolgersi verso altri anfratti. Diventando pericolose. Forse troppo. Perché l’opinione pubblica improvvisamente si potrebbe chiedere come mai Domenico Creazzo, consigliere regionale eletto nella circoscrizione Sud alle elezioni dello scorso 26 gennaio e primo nella lista di Fdi con oltre 8mila preferenze, sia finito ai domiciliari dopo una decina di giorni dalle elezioni. Oppure riflettere su quali siano stati i coinvolgimenti di Marco Siclari nell’operazione di polizia “Eyphemos” contro la ‘ndrangheta che ha portato all’arresto di 65 persone. E cosi via.

Domenico Creazzo

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O più semplicemente, per citare una persona dal calibro morale di Nicola Gratteri, come mai la ‘ndrangheta si sta comprando tutto ciò che è in vendita senza che questo crei scandalo, indignazione collettiva e faccia urlare i politici contro Roma e il governo? Dalla questione Amantea abbiamo compreso una cosa: l’immigrato fa più paura della ‘ndrangheta o è più conveniente. E quella politica, la più bieca e collusa, ci marcia. 

COSENZA: UNA PIAZZA PERICOLANTE SOPRA UN GARAGE

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