Un enorme numero di richieste per il sussidio statale sono state respinte dall’Inps per non conformità tra il 2019 e il 2022. Con il nuovo Governo i requisiti per intascarlo cambieranno.
Roma – Mentre la polemica sulla modifica della legge sul Reddito di cittadinanza fa ancora parlare, sono circa 240mila le richieste di Reddito di cittadinanza respinte nei primi 10 mesi dell’anno, per dichiarazioni false rispetto alla posizione lavorativa dei membri del nucleo familiare o perché inoltrate da persone che non avevano la residenza in Italia.
Lo ha fatto sapere l’Inps, precisando che su un totale di oltre 1 milione di domande, precisamente 1.290.000, più di 290mila erano a rischio. Pertanto, 240mila sono state respinte in automatico, prima che l’assegno venisse indebitamente percepito. Altre 50mila domande risultano invece sospese e sottoposte a ulteriori controlli. Dal 2019, cioè da quando è entrata in vigore la misura voluta dal Movimento Cinque Stelle, il totale complessivo delle domande respinte è di 1.735.195. Quelle revocate sono state invece 213.593.
Dall’istituto hanno precisato:
“Il Reddito di cittadinanza è stato oggetto di ampio dibattito istituzionale e di particolare attenzione mediatica anche in occasione delle verifiche di accertati casi di indebita percezione della stessa. Il sistema dei controlli risulta particolarmente complesso in ragione anche della numerosità delle amministrazioni coinvolte e della tempistica da rispettare per la verifica dei requisiti, all’atto della presentazione della domanda”
annunciando poi di aver intensificato i controlli ex ante nell’ottica di prevenire e individuare i comportamenti opportunistici e fraudolenti. L’Inps ha poi spiegato che i principali segnali di rischio riguardano appunto la mancata residenza in Italia (requisito principale per poter ricevere il sussidio), false od omesse dichiarazioni sullo status lavorativo dei componenti del nucleo famigliare, o false dichiarazioni proprio per quanto riguarda la composizione di tale nucleo. Così:
“Quando i sistemi Inps rilevano domande che presentano gli indicatori di rischio appena citati, le istanze vengono immediatamente respinte dalla procedura che gestisce la misura, ovvero sospese nei casi in cui si rendano necessari ulteriori approfondimenti. Comunque, sempre in via preventiva rispetto al pagamento del beneficio” ha concluso l’Inps.
Con l’avvento del Governo Meloni le prospettive del RdC cambiano, anche se gradualmente. In ogni caso il governo ha optato per un anno di cuscinetto, cioè coloro che sono abili al lavoro e hanno tra i 18 e i 59 anni avranno un anno di tempo per trovare un’occupazione e nel frattempo seguiranno programmi di formazione o di riqualificazione professionale, a partire dall’1 gennaio 2023. Chi non parteciperà alla formazione perderà il diritto all’assegno, così come sarà fuori chi rifiuterà anche una sola offerta di lavoro congrua, mentre attualmente sono 2 e nel 2019 erano 3.
Con la revisione al Reddito di cittadinanza introdotta dalla manovra di bilancio, gli occupabili percettori del beneficio, lo perderanno tra 7 mesi. La misura non cambierà invece per i nuclei in cui vi siano persone con disabilità, minorenni o persone con 60 anni di età. Poi dal 2024 ci sarà la sostituzione integrale del Reddito, che quindi cambierà nome, e sarà destinato solo a fragili e over 60. Con le modifiche si prevede un risparmio di 743 milioni per il 2023, cioè meno di 1/10 della spesa complessiva, pari a 8 miliardi.