L’uomo ha creato il pattume negli oceani e l’uomo sta tentando di arginarne la diffusione. Purtroppo si sono prodotte più immondizie di quante se ne possono smaltire dunque la situazione per i grandi mari è davvero critica. Per di più gli agglomerati galleggianti di plastiche sono diventati habitat naturali per alcune specie di fauna e flora altamente invasive e che stanno inquinando le coste con enorme dispendio di risorse.
Roma – L’inquinamento ambientale negli ultimi decenni ha assunto, purtroppo per noi, il ruolo di protagonista, nei problemi che affliggono l’umanità. Conosciamo tutti l’alto livello di gas serra che si respira nelle nostre città, così come la gran quantità di lordura che viene sversata nei terreni circostanti. Per non parlare del livello di inquinamento registrato dai nostri oceani, nei quali tonnellate di spazzatura galleggiano vicino e lontano dalle coste.
A questo si aggiungono anche i resti di disastri naturali come lo tsunami di Fukushima avvenuto nel 2011. Anche se da molti è considerato più un disastro nucleare che naturale, poiché avvenuto nell’omonima centrale nucleare costruita dall’uomo.
Le previsioni più ottimistiche ci informano che entro il 2050 saranno prodotte 25 milioni di tonnellate di spazzatura di plastica che andranno a finire nelle acque degli oceani. Ultimamente, per cercare di riparare ai danni provocati dall’uomo, sono stati ideati diversi sistemi tecnologici innovativi sia per il monitoraggio che per la raccolta attiva dei rifiuti.
Per quest’ultima vengono utilizzate macchine sui corsi d’acqua, che intercettano i rifiuti prima che raggiungano l’oceano perché la maggior parte delle plastiche viene trasportata dai fiumi sino al mare. Inoltre veri e propri sistemi galleggianti di scala ridotta vengono utilizzati lungo le coste, in particolare nelle aree portuali, per raccogliere i rifiuti che galleggiano a fior d’acqua
Infine verranno utilizzati anche sistemi su larga scala per raccogliere le plastiche presenti direttamente negli oceani. E’ da menzionare una lodevole iniziativa come quella lanciata in Italia da Onlus Plastic Free per la pulizia degli argini del fiume Po, dal Piemonte al Veneto, in cui viene coinvolta in modo attivo la cittadinanza.
Uomini e mezzi non rappresentano una soluzione del problema, anche perché l’ecosistema è stato profondamente segnato da questo fenomeno. Infatti le isole galleggianti di spazzatura nell’Oceano Pacifico si sono trasformate nell’habitat per alcune specie animali. Questa zona è conosciuta con l’eloquente nome di Pacific Trash Vortex.
Siamo nell’oceano aperto, dove forme di vita animale sono state trovate sui resti di plastica. Si tratta di specie che in condizioni normali abitano la costa e che quindi sono costrette a spostarsi in un’altra zona marina, tra la California e le Hawaii. Sono stati rinvenuti vegetali, anemoni, insetti marini, molluschi e granchi depositati sul 90% dei rifiuti di plastica.
La difficoltà di smaltire la plastica ha innescato questo strano processo per cui si è creato un vero e proprio habitat, che una volta nato è destinato a rimanere. Questo fatto si porta con sé tutta una serie di conseguenze nefaste sull’ecosistema, sui mari e sulle specie animali. L’ammasso vorticante di spazzatura del Pacifico non è l’unico al mondo, ma ce ne sono almeno altri quattro.
Quello che si trova tra la California e le Hawaii è il più grande del mondo, con 79mila tonnellate di plastica galleggiante in 1,6 km2. Gli esperti sono molto preoccupati sia per le condizioni in cui sono costretti a vivere animali e piante, sia per l’altissimo rischio del proliferare di specie invasive. Quest’ultime sono quelle trasportate dall’uomo in modo volontario o accidentale oppure per altri fenomeni naturali, al di fuori della loro area originaria.
La plastica ormai è come una sorta di vettore che trasporta specie invasive verso le coste. Si tratta di animali o vegetali che sono fuori posto, ovvero non dovrebbero essere naturalmente lì. Le conseguenze di questo fenomeno sono che gli animali viaggiatori distruggono l’ecosistema e consumano troppe risorse.
Lo studio che ha condotto gli scienziati alla scoperta di animali sui vortici di spazzatura era partito proprio per analizzare questo fenomeno. Se, come cantava Fabrizio De André, dal letame nascono i fiori, dalla plastica non può che derivare spazzatura ad oltranza.