Il braccio di ferro va avanti dall'inizio del '900 e ora vede in campo Russia e Turchia. La battaglia fra i due fronti è ripresa nei giorni scorsi più cruenta che mai.
Il Nagorno Karabakh è un’enclave armena in territorio azero, da sempre contesa e rivendicata sia dall’Armenia che dall’Azerbaijan. Fu Stalin ad assegnare il Nagorno Karakh all’Azerbaijan, ben consapevole che la maggioranza della sua popolazione era armena. L'”uomo d’acciaio” voleva infatti snazionalizzare l’Unione Sovietica e favorire ovunque l’egemonia dell’etnia russa, sebbene egli stesso fosse georgiano.
Non fu dunque un caso se anche l’Abcazia e l’Ossezia del Sud, abitate prevalentemente da Russi furono assegnate alla Georgia, in questo modo il dittatore sovietico pensava, mescolando etnie diverse nella stessa regione, di tenere a bada i nazionalismi locali. Nell’ambito dell’Unione Sovietica i confini, però, erano solo amministrativi e quando il grande stato federale si sciolse e la bandiera rossa fu ammainata dalle mura del Cremlino accadde che ogni repubblica, nel frattempo divenuta indipendente, mantenne tutte le sue province.
Nacquero così i primi contrasti e nel 1994 la guerra tra Armeni e Azeri arrivò a contare 30.000 vittime. Da allora il Nagorno Karabakh è di fatto una repubblica autonoma ma l’Azerbadijan spalleggiato dalla Turchia, ha sempre rivendicato il possesso della regione ritenendo lesa la sua integrità territoriale.
Il conflitto è rimasto congelato per circa vent’anni per poi riesplodere con alcune schermaglie nel 2016. Ma è solo quest’ anno che l’escalation militare ha raggiunto un’intensità davvero preoccupante con gli Azeri che hanno attaccato per primi, forti del sostegno di Ankara e maggiormente interessati alla modifica dello status quo.
Bombardamenti continui e non solo nel Nagorno Karabakh, anche Ganja la seconda città dell’Azerbaijan è stata colpita più di una volta dalle forze armene che hanno ovviamente reagito e si contano già vittime pure tra la popolazione civile. La Russia, da sempre filo-armena, è scesa in campo per mediare tra le due parti in causa, mentre gli azeri sono sempre sostenuti dalla Turchia che ambisce a svolgere nella zona del Caucaso meridionale un ruolo sempre più importante.
Le ambizioni neo-imperiali di Putin e di Erdogan si scontrano con il confitto per il Nagorno Karabakh e ciascuno dei due leader cerca di ottenere il massimo per il suo prestigio personale ma soprattutto per l’influenza del paese che rappresenta. Oggi Azeri e Armeni hanno raggiunto una fragile tregua dopo la mediazione di Mosca, ma entrambe le parti accusano reciproche violazioni dell’accordo raggiunto con molta difficoltà.
Non dimentichiamo che Il Caucaso meridionale dista migliaia di chilometri dall’Italia, ma è proprio vicino alla città di Ganja (dove i bombardamenti sono più intensi) che passa il gasdotto che, attraversando Georgia e Turchia, dovrebbe arrivare in Puglia e rifornire di gas la nostra penisola. Quindi attenzione, la guerra è molto lontana ma le sue conseguenze potranno ripercuotersi in futuro anche sulle nostre vite.