I sondaggi confermano la profonda crisi del Partito Democratico. Si ventila un possibile new deal di Bonaccini, che mira a fare “piazza pulita” per evitare quello che sembra un tracollo senza fine, ma ridestare un elettorato dimesso e scorato non sarà facile.
Roma – Tra conferme e smentite, tra malcelato interesse e snobismo di facciata, lo sguardo ai sondaggi rappresenta il vero termometro politico che orienta scelte e posizionamenti. Sia dell’opposizione sia della maggioranza. Un’ultima indagine in tal senso conferma Fratelli d’Italia oltre il 30%, mentre il Partito Democratico è in caduta libera.
Neanche le manovre congressuali per la scalata al vertice del nuovo segretario politico riescono, comunque, a destare interesse nonostante le tante interviste di un candidato, come Bonaccini, il quale snobba tutte le correnti interne ai dem. Nessun risveglio ed interesse riesce a catalizzare l’attenzione sul futuro degli ex Ds e margheritini. In evidenza solo una melassa stantìa che non emoziona. Insomma, il Presidente della Regione dell’Emilia-Romagna vorrebbe tirare dritto per dare la sensazione di non essere legato ad alcun gruppo o grumo di potere ed avere, così, apparentemente le mani libere da tutti i potentati dem.
Tant’è che vorrebbe abolire tutte le correnti ad alto voltaggio che caratterizzano il partito ancora lettiano, ma si capisce subito che la sponsorizzazione del candidato eccellente arriva dalla parte più a sinistra dei democratici. Sia per le sue origini comuniste che per le modalità istrioniche nei confronti del M5S che lambiscono anche il cosiddetto Terzo polo.
Per adesso il mantra che viene ripetuto dal candidato in pectore in ogni intervista è immaginare un partito “del popolo e non populista”. Poca cosa per smuovere le piazze. Adesso, per esempio, si assiste a un trasformismo delirante del Pd, il quale invoca il mantenimento del RdC, pur con qualche ritocco, nonostante durante il governo Conte i parlamentari dem abbiano votato contro la legge e il sussidio. Una ennesima giravolta, che dà la misura dell’incoerenza politica e del motivo per cui continuano a perdere credibilità.
Solo un dato: nella seduta del Senato del 27 febbraio 2019, per la conversione in legge del Dl 28/01/2019 n.4, i partiti “contrari” al Reddito di Cittadinanza sono stati il Pd con 42 voti, FI con 46 no e FdI con 14 voti. Leu si è astenuta, mentre hanno votato “a favore” il M5S e la Lega. Quest’ultima, dalla fine dell’alleanza con i grillini, ha invertito la marcia e ed è diventata la portabandiera dell’abolizione della legge.
Questo tanto per avere un’idea chiara. In ogni caso lo specchio su cui i partiti si riflettono con le loro percentuali di temporaneo consenso sono FdI, che si conferma in testa, con il 30,3%. A seguire c’è il M5S stabile al 16,9%, mentre nonostante i tormenti congressuali il Pd perde quasi mezzo punto e scende ancora al 15,8%. A seguire il Terzo Polo, con Azione e Italia Viva, all’8,1%, la Lega si assesta al 7,8%, Forza Italia è al 6,5%. Mentre Verdi e Sinistra Italiana al 4,3%, +Europa al 2,8%, Italexit al 2,2%, Unione Popolare all’1,6%, tutte le altre liste al 3,7%. Ancora altissimo, però, il tasso di chi non esprime alcuna preferenza che è al 36%, in crescita di un punto percentuale.