Le famiglia mafiose da Palermo a Milano avevano messo le mani nel miele più appetitoso: compravendita di beni immobili, orologi da collezione, corse clandestine, scommesse on line, ortofrutta seguiti dai soliti giri di droga, estorsione e pizzo. Piazza pulita in tutta Italia ad opera della Procura di Palermo.
La mafia c’è ed è più viva che mai. Ed oltre a coltivare i traffici tradizionali cura anche affari internazionali attraverso la commercializzazione di brand di lusso grazie alla connivenza di professionisti compiacenti. È ciò che emerge dalla maxi operazione effettuata all’alba di oggi dalla Guardia di Finanza di Palermo, su disposizione della Dda diretta dal procuratore Francesco Lo Voi, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 100 soggetti malavitosi tra boss, gregari, estortori e prestanome dei clan palermitani dell’Acquasanta e dell’Arenella, di cui 91 sono stati arrestati. L’operazione, denominata “Mani in pasta” ha disarticolato la famiglia dei Fontana, del mandamento mafioso di Resuttana, già definita dal pentito Tommaso Buscetta come una delle più sanguinarie. Il deus ex machina della famiglia era Gaetano Fontana che, secondo gli inquirenti, sarebbe il punto di riferimento indiscusso dei “picciotti” dell’Acquasanta, ruolo che avrebbe mantenuto anche mentre era in carcere. I fratelli Gaetano, Giovanni e Angelo Fontana vivevano da tempo a Milano ma hanno mantenuto forti interessi nel capoluogo siciliano.
L’inchiesta è il frutto di un’indagine partita 3 anni e mezzo fa grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vito Galatolo, la cui famiglia è imparentata con quella dei Fontana. Il maxi blitz delle forze dell’ordine ha richiesto l’impiego di 500 uomini delle Fiamme Gialle ed è stato condotto in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania con l’appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta. Le accuse contestate ai 91 arrestati vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, intestazione fittizia di beni, ricettazione, riciclaggio, traffico di droga, frode sportiva e truffa. L’inchiesta ha svelato i traffici della “famiglia” palermitana che, oltre al business della droga, aveva messo le mani sui cantieri navali di Palermo, nel mercato ortofrutticolo, nella gestione delle scommesse online, delle slot-machine e nelle corse dei cavalli. Lunghissima la lista di aziende costrette a pagare il pizzo:“…Avevano un capillare controllo del territorio – ha affermato in conferenza stampa il procuratore Francesco Lo Voi – che andava dalle “carrettelle” del mercato al controllo delle corse di cavalli in tutto il territorio nazionale, alla commercializzazione del caffè…”.
Quello che colpisce dall’operazione “Mani in pasta” è proprio la duttilità delle organizzazioni che mantengono le attività tradizionali come il traffico di droga e la richiesta anche di piccole somme di pizzo agli imprenditori, sino ad arrivare a business internazionali che sconfinano in Inghilterra e in Russia. Gaetano Fontana aveva messo in un atto sistema molto raffinato fondato sull’asse Palermo-Milano e finalizzato nell’apertura di imprese lecite con l’utilizzo di somme ingenti provenienti da attività illecite. Uno dei traffici che fruttava maggiormente era quello degli orologi di lusso e da collezione con la compiacenza di gioiellieri di Milano che acquisivano bonifici dall’estero e consegnavano il contante all’organizzazione mafiosa. A questo traffico di aggiungono anche innumerevoli compravendite immobiliari e, come già anticipato, corse di cavalli truccate in tutto il territorio nazionale: la “famiglia” comprava i fantini, dopava i cavalli e pilotava il risultato delle gare ippiche. L’operazione ha fatto emergere, ancora una volta, il ruolo di primo piano delle donne di mafia che non entrano, per tradizione, ufficialmente nell’organizzazione, ma gestiscono le casse. Tra gli indagati c’è anche il titolare di un supermercato di Palermo, vittima e complice allo stesso tempo della famiglia Fontana. L’attività doveva fornire la spesa gratis ai sodali della famiglia e ai dipendenti delle imprese amiche, i soldi venivano recuperati poi tramite giri loschi di fatturazioni false e riciclaggio.
Indagato anche un ex concorrente del Grande Fratello: si tratta di Daniele Santoianni, che ha partecipato alla decima edizione del reality, e che è stato posto ai domiciliari con l’accusa di essere un prestanome del clan. Santoianni era stato nominato rappresentante legale della Mok Caffè S.r.l., ditta che commerciava in caffè, di fatto nella disponibilità della cosca, alimentando la cassa della famiglia dell’Acquasanta e agevolando l’attività dell’associazione mafiosa. Al termine dell’attività di indagine è stato disposto il sequestro del patrimonio e del complesso aziendale di 22 attività economiche, tra cui centri scommesse, società attive nei settori della cantieristica navale, della produzione, commercializzazione e somministrazione di bevande e alimenti. Disposto, inoltre, il sequestro preventivo di 13 cavalli da corsa, 8 immobili, vari mezzi di trasporto, nonché i saldi attivi di rapporti finanziari per un valore complessivo stimabile, allo stato, di circa 15 milioni di euro.
Nel corso della conferenza stampa Lo Voi ha evidenziato la capacità delle famiglie mafiose di inserirsi a pieno nel tessuto socio-economico del territorio e ciò deve rappresentare un campanello d’allarme in questa fase storica che vede gli imprenditori indeboliti e facili prede da parte di chi ha la possibilità di poter disporre di ingenti somme di denaro in contante. “…Non deve passare il messaggio che la mafia dà lavoro” – ha detto ancora il procuratore Lo Voi – precisando che con l’operazione “mani in pasta” si è solo voluto mettere un punto ad un’attività di indagine che proseguirà e che potrebbe svelare traffici e intrecci di portate enormi.