Lobby dell’informatica non ci avrete mai!

La Commissione europea sta dando fondo a grandi energie per tutelare i cittadini, le imprese e i loro dati personali sul web. La democrazia nel mercato digitale potrebbe finalmente diventare realtà. Davvero?

Due leggi europee per contrastare il dominio delle Big Tech. Meglio tardi che mai si potrebbe dire, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo di due leggi che riguardano il mondo digitale. La retorica, che ha sempre corso a getto continuo in occasioni del genere, ha fatto la sua comparsa, anche in questo caso. Si parla, infatti, di leggi pensate per un ambiente online più sicuro, equo e trasparente. Aggettivi utilizzati a iosa, tanto non costano nulla, solo per compiacere chi ci crede, tanto la realtà e tutt’altra, purtroppo. Vedremo se l’Europa comincerà davvero a muoversi per la tutela dei dati personali in rete.

Comunque il 5 luglio sorso sono state approvate la legge sui servizi digitali (DSA, Digital Services Act)) e quella sui relativi mercati (DMA, Digital Market Acts). Le Big Tech hanno avuto vita facile nell’imporre il loro dominio grazie all’assenza di regole, ma ora avranno pane per i loro denti. Questo grazie alla DSA che regola la gestione e la rimozione dei contenuti illegali online. Una freccia che si auspica colpirà il cuore delle grandi aziende è il DMA, una legge nata per diffondere la democrazia del mercato.

L’intento è quello di attrarre le migliori imprese, che spesso non sono quelle di grandi dimensioni. In particolare, la legge vieta di pre-installare sul dispositivo determinate applicazioni comparse negli app store dopo aver utilizzato dati privati raccolti per altri tipi di servizi.

E’ nota, ormai, la posizione dominante assunta da alcune piattaforme digitali, che ha esercitato un certo peso su vari ecosistemi sociali ed economici. Riuscendo, inoltre, ad indirizzare le scelte dei consumatori e, di fatto, esprimendo una funzione di controllo su utente ed imprese di Internet. In generale le due leggi pongono una serie di paletti, tra cui: misure per contrastare i contenuti illegali; tracciabilità e controlli sugli operatori commerciali nei mercati online; maggiore trasparenza e responsabilità delle piattaforme; divieto di pratiche ingannevoli; prevenzioni di rischi sistemici, ad esempio, la diffusione di contenuti illegali, obbligo di sottoporsi ad audit indipendenti, possibilità per gli utenti di scegliere di non ricevere suggerimenti fondati sulla profilazione; concedere, alle autorità costituite ed ai ricercatori autorizzati, l’accesso ai propri dati e algoritmi.

E non è finita qui, perché ci sono delle condizioni da rispettare anche per i cosiddetti gatekeeper. Si tratta di esperti in un determinato settore dello scibile umano, investiti del compito di filtrare le informazioni nel loro ambito di competenza.

Ad esempio, per evitare pratiche scorrette, questi esperti: devono consentire a terzi di interagire coi propri servizi per garantire agli utenti di avere una scelta più sostanziosa, permettere agli utenti commerciali di accedere ai dati, non potranno classificare i propri prodotti o servizi più benevolmente di quelli relativi ad altri operatori di mercato, divieto di impedire agli utenti la disinstallazione di qualsiasi software di terzi inoltre devono necessariamente avere il consenso degli utenti per elaborare i loro dati personali.

Inoltre, la Commissione Europea può svolgere indagini di mercato, per garantire che le nuove disposizioni legislative vengano applicate con correttezza, anche tenendo conto del continuo evolversi del settore digitale. Previste anche sanzioni pecuniarie. Ora, diciamo che queste due leggi vanno a coprire un vuoto nel settore, visto che era diventato un vero e proprio Far-west, in cui vigeva la legge del più forte.

Restiamo in fiduciosa attesa degli effetti pratici della tutela da parte dell’Europa dei dati personali sul web. L’esperienza ci suggerisce, tuttavia, di andare cauti sui risultati. Abbiamo già assistito in passato alla stesura di atti legislativi, salutati come panacea, tra squilli di trombe e fanfare. Per poi, da cittadini, trovarsi con un pugno di mosche in mano. Fatta la legge, trovato l’inganno, come recita un motto popolare. D’altronde, vox populi, vox dei! O no?

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa