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Migranti e accoglienza: urgono progetti a lungo termine

Governare con una prospettiva ampia per affrontare l’emergenza nazionale e le sfide dell’integrazione e dell’accoglienza. Il futuro però appare nebuloso.

Roma – Il nostro Paese è sempre in perenne emergenza. Urge un orizzonte largo, ovvero progetti a media e lunga distanza. Come, per esempio, il drammatico dossier migranti. Si vogliono meno clandestini e più lavoratori regolari dai Paesi in via di sviluppo? Bene, ma al di là delle querelle sulla protezione speciale, sembra siano i viaggi la frontiera suggestiva del premier che cerca relazioni più solide e meno scivolose con Stati che prima sfuggivano a ogni stretta di mano. Ecco, dunque, che il Governo porta l’Italia nel mondo nella convinzione che un pezzetto di mondo arriverà in Italia. Ma dobbiamo essere all’altezza.

Pensare, in prospettiva, è la parola d’ordine del Governo, ma intanto i barconi carichi di volti e di speranze sono in aumento. L’accoglienza non è in discussione, ma le prospettive che si possono fornire ai fuggitivi delle proprie terre di origine. L’integrazione si salda maggiormente, anche con chi è più riottoso, soltanto se ci riteniamo tutti sorelle e fratelli e vi è un disegno politico solido e concreto per tutti. Il mondo non è più racchiuso entro i propri confini, viviamo un tempo di fluidità territoriale e di continua ricerca di quel benessere che molto spesso è negato dalla propria terra di origine. La speranza di trovare un mondo migliore, più sicuro ed accogliente non può essere negata ad alcuno.

Il disegno politico per un mondo più inclusivo.

Sarebbe come recidere un cordone ombelicale, perché fino a quando non ci riteniamo tutti coinvolti alla ricerca dei fondamentali principi di libertà, non usciremo dalla spirale dell’egoismo. Il concetto, che ancora circola divenendo un brand politico, di considerare prioritario il problema del proprio Paese, dell’Italia in particolare, non può trovare accoglienza in una democrazia forte e solida. Sventolare bandiere che ricordano soltanto la precarietà del momento che stiamo vivendo, serve soltanto a smorzare i propri sogni, le proprie speranze e a rendere tutti intolleranti.

Governare non è un esercizio di potenza muscolare o di supremazia culturale e neanche si può assimilare al tifo sportivo, che vorrebbe sempre la propria squadra ai massimi livelli ed all’apice della classifica. Certamente farebbe piacere che ciò accadesse e che l’Italia fosse ritenuta una oasi di competenze, di condivisione di esperienze, di accoglienza e soprattutto di benessere e sviluppo. Ma, purtroppo, i lavori sono ancora in corso. E da troppi decenni. Il Governo comincia, comunque, a delineare il grande affresco delle riforme. Siamo all’inizio, anzi per l’opposizione siamo solo ai titoli. Ma, al di là delle scintille quotidiane, alcuni temi portanti iniziano a prendere forma.

Meno tasse per i lavoratori grazie al decreto Lavoro.

Il PNRR è una opportunità ed anche un’eredità, pesante, del Governo Draghi sul quale Meloni si gioca la sua credibilità, fra polemiche e critiche, proprio sul raggiungimento dei numerosi target previsti. Ma per conseguire tali obiettivi anche la pubblica amministrazione è costretta a ripensare sé stessa. Poi c’è finalmente la delega fiscale che ha iniziato la sua navigazione con l’obiettivo di consegnarci un sistema tributario meno contorto e più trasparente e con l’ambizione di portare tutti nella terra promessa della flat tax, che fino adesso non sembra un approdo sicuro per le fasce più deboli.

Molti esperti sostengono che non ci sono i soldi per provare anche solo ad alleggerire la pressione su cittadini e imprese, ma la sfida è lanciata. Così si è arrivati al decreto lavoro, capitolo doloroso di tutti i governi che molto hanno promesso e poco realizzato. Si cerca in tutti i modi di far rientrare nel circuito produttivo chi oggi è fermo, ma avrebbe le capacità per andare in ufficio o in fabbrica. Il problema è con quali strumenti ed efficacia si permetterà di raggiungere quelle maggiori competenze richieste dal mercato del lavoro e, soprattutto, quante saranno le richieste?

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