Lavoro flessibile, unica via per fermare la fuga di cervelli (e salvare il corpo sociale)

Le aziende ignorano il lavoro flessibile e perdono talenti. Ecco invece perché la flessibilità è cruciale.

Pare che le nuove generazioni di lavoratori siano particolarmente sedotti dal lavoro flessibile (in parte da remoto e il resto in azienda), per cui se non è previsto dalle offerte, sono pronti a rinunciarvi e a lasciare il suolo patrio per emigrare all’estero, dove trovano condizioni che soddisfano le loro aspettative. Le aziende, tuttavia, sembrano lente a recepire le novità del mercato del lavoro, per cui si trovano in un vicolo cieco.

Uno studio dell’International Workplace Group (IWG), leader mondiale per la costruzione di spazi di lavoro flessibile, ha confermato che se le imprese non cambiano strategia, si troveranno di fronte alla perdita di alte competenze e alla scarsa competitività sul mercato, perché il lavoro flessibile è la conditio sine qua non per i lavoratori. Le aziende sembrano sorde al cambiamento, tant’è che sono cresciute le richieste di lavoro con presenza in sede 5 giorni su 5 la settimana. I 2/3 dei selezionatori ha affermato che molti candidati scelti hanno rinunciato all’offerta di lavoro, proprio perché non prevedeva il lavoro flessibile. Come rilevato dal report, “la flessibilità non è solo un’opzione benefica per i lavoratori ma un privilegio anche per le imprese”.

Il 21% dei lavoratori che resta in ufficio 5 giorni su 5 alla settimana ha dichiarato di soffrire di burnout

La tendenza che si sta diffondendo a macchia d’olio è che i lavoratori non sono più propensi a lunghi spostamenti per raggiungere la sede di lavoro, preferiscono accedere a spazi lavorativi non molto distanti da dove risiedono, in un contesto che favorisca le motivazioni e la produttività. Sono molteplici le ragioni per cui i lavoratori scartano le sedi centrali delle aziende lontane e brulicanti, tra cui: per il 44% gli esosi costi del pendolarismo; il 40% il tempo che si impiega per arrivare al luogo di lavoro; il 33% per l’impossibilità di coniugare tempo del lavoro e quello per la famiglia.

Il 21% dei lavoratori che resta in ufficio 5 giorni su 5 alla settimana ha dichiarato di soffrire di burnout, a causa proprio dei lunghi spostamenti per arrivare alla mecca del lavoro. Molte ricerche hanno confermato che la flessibilità e luoghi non distanti dalle proprie abitazioni è uno dei motivi fondamentali per la scelta della professione. Quasi l’80% ritiene significativo un luogo vicino casa per prendere in considerazione una nuova offerta di lavoro.

Più della metà del campionesi sentirebbe maggiormente stimolato e stimato potendo esercitare la propria professione in spazi diversi dall’ufficio.

La percentuale di coloro per cui l’ufficio è il “deus ex machina” della produttività del lavoro è molto ridotta, oscilla intorno al 25%. Più della metà del campione, al contrario, si sentirebbe maggiormente stimolato e stimato potendo esercitare la propria professione in vari spazi. Altri hanno evidenziato molta frustrazione perché il management aziendale mostra poca fiducia nei loro confronti, volendoli tenere sotto controllo in ufficio. Uno studio curato dall’Università di Stanford, California USA, ha previsto che le aziende che propendono per la presenza in ufficio, potrebbero subire una sorta di esodo. Il 35% dei dipendenti, infatti, preferirebbe licenziarsi.

I dati più recenti dimostrano che il lavoro flessibile fa crescere la produttività, rendendo i lavoratori più appagati e abbassano i costi. Se le aziende non mutano strategia, impostandola verso queste novità, corrono il grosso rischio di abbassare la cler, come si usa dire a Milano, ad intendere la saracinesca, per indicare la chiusura di un negozio per fine attività!

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