La tragica storia di una portaerei tossica e condannata a morte

Il Brasile si è “autoaffondato” la São Paulo, la sua più grande nave da guerra nell’Oceano Atlantico dopo aver provato a venderla come rottame metallico senza esserci riuscito. Ma l’imbarcazione portava in dote molti metalli tossici…

Milano – La São Paulo era per eccellenza la nave da guerra ammiraglia della Marina brasiliana. Era in grado di trasportare 39 aerei e aveva un dislocamento a pieno carico di 32.800 tonnellate. Ciò ne faceva la nave più grande della Marina brasiliana. In un contesto più ampio si tratta di una portaerei relativamente piccola se comparata ad altre più moderne. Per fare un confronto, la statunitense Gerald Ford, la più grande del mondo, ha un dislocamento di 100.000 tonnellate.

La portaerei brasiliana è stata l’ultima nave sopravvissuta delle appartenenti alla classe Clemenceau, dal nome dell’ex primo ministro francese, che furono le prime costruite dalla Francia dopo la Seconda guerra mondiale. La São Paulo fu assemblata appunto in Francia negli anni ’50. La Marina francese, che se ne ha fatto buon uso per alcuni decenni, l’aveva originariamente battezzata Foch ed era parte attiva della flotta del Paese. La portaerei ha ad esempio preso parte ai test nucleari francesi negli anni ’60 e alle missioni militari francesi in Africa e Medio Oriente negli anni ’80. Finito il suo dovere, è stata dismessa nel 2000 e venduta alla Marina brasiliana per 12 milioni di dollari.
La São Paulo è stata in servizio per la Marina brasiliana fino al 2017.

Da guerriera a rifiuto tossico

La Marina brasiliana l’ha utilizzata dal canto suo fino a febbraio 2017, quando è stata ufficialmente dichiarata fuori servizio. Il suo principale utilizzo in questi 17 anni è stato relativo all’addestramento dei piloti per il volo di aerei durante le missioni. Nonostante sia stata sottoposta a una enorme ristrutturazione dal 2005 al 2009, la São Paulo conteneva ancora amianto e metalli pesanti. Ma dal 4 febbraio ha cambiato radicalmente status ed è diventata da vecchia guerriera a uno dei rifiuti più grossi e pericolosi dell’oceano. Nel marzo 2021 infatti, la Marina brasiliana ha venduto la portaerei come rottame a un cantiere navale in Turchia. Ma la nave è stata respinta dalle autorità turche in quanto, su segnalazione di diverse Ong, sono state rilevate grandi quantità di materiali tossici. Tra questi l’amianto, spesso presente nelle navi costruite nel XX secolo.

Dopo il no turco, la nave ha peregrinato lungo la costa brasiliana per 5 mesi. A quel punto, come previsto dalla Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, il Brasile ha richiamato la nave, presumibilmente per una gestione sicura. Tuttavia, quando la portaerei ha fatto ritorno in patria, invece di essere rimandata alla base di Rio de Janeiro da dove era partita, la Marina ha rifiutato di consentirle di attraccare lì o in qualsiasi altra base navale brasiliana. Vani i tentativi fatti nel corso dei mesi seguenti per consentire alla São Paulo di entrare in altri Stati e porti commerciali. Ne rifiutavano sistematicamente l’ingresso. Il 13 gennaio un controllo ha mostrato perdite e si è deciso di concederle altre 4 settimane prima che potesse non diventare più sicuro spostarla.

Immagini del satellite relative all’affondamento della São Paulo.

La cocciutaggine della Marina brasiliana

Ancora una volta, la Marina si è rifiutata di portarla al molo per la riparazione decidendo invece, il 20 gennaio, di condurre il convoglio 200 miglia più al largo, dove poi è stata affondata due settimane dopo tramite il posizionamento di esplosivi sullo scafo. L’azione è stata giustificata dalla Marina brasiliana sostenendo che rappresentasse un pericolo per la costa del Paese a causa delle sue condizioni strutturali. Meglio liberarsene dove il mare e, di conseguenza, il problema, diventa “di tutti”. La nave pertanto si è inabissata nell’Oceano Atlantico a circa 217 miglia dalla costa del Brasile.

Il risultato poco incoraggiante è che con l’affondamento della nave sono finite in mare circa 760 tonnellate di amianto, più di 300 tonnellate di materiale contaminato con PCB altamente tossici (bifenili policlorurati) e ulteriore tonnellaggio di metalli pesanti carichi di vernice, che senza dubbio contaminerà l’ecosistema marino nell’area della discarica per gli anni a venire. Gli ambientalisti, che avevano lavorato per facilitare il riciclaggio legale e sicuro della nave, si dicono inorriditi dall’azione della Marina brasiliana.

Altre immagini del satellite.

Ora sono dolori…

Le Ong considerano il deliberato smantellamento della nave una tragedia ambientale poiché i metalli pesanti e i PCB continueranno a filtrare nell’ambiente marino nel prossimo futuro. I PCB sono sostanze chimiche estremamente tossiche e persistenti che sono state vietate a causa della loro propensione a causare danni alla fauna selvatica e a contaminare la catena alimentare dopo essere state ingerite da pesci e altri animali marini.

Ora la Marina dovrà rispondere della violazione di 3 trattati ambientali internazionali.

  • 1. Il mancato rientro nel territorio dello Stato di esportazione per una gestione sicura di una nave rientrata da un movimento transfrontaliero di rifiuti interrotto costituisce una violazione della Convenzione di Basilea.
  • 2. Lo smaltimento dei PCB in mare costituisce una violazione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.
  • 3. Scaricare navi in mare senza prima ripulirle dalle sostanze tossiche è una violazione della Convenzione e del Protocollo di Londra.

Boa sorte…

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