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La maternità è in equilibrio precario

Il 10 maggio scorso è stato presentato il rapporto: Le Equilibriste: la maternità in Italia 2023, a cura di Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini operando in 120 Paesi.

Roma – Il termine “equilibriste” si riferisce alle donne del Belpaese che hanno smesso di fare figli. La bassa fecondità e il rinvio della maternità non sono frutto del destino cinico e baro, ma dipendono da una serie di concause. Innanzitutto è stato rilevato un rapporto diretto tra la partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità. È emerso che le donne italiane per diventare mamme si trovano ad affrontare una serie di sfide. I numeri ci raccontano che 762mila famiglie, il 12,1% del totale, vivono in povertà assoluta, mentre 1 coppia con figli su 4 rischia di finirvici.

In un contesto generale in cui il numero di nascituri e neomamme sono in calo, non c’è da meravigliarsi. Il mercato del lavoro è vittima del “gender gap”, che si è rivelato più ampio in presenza di bambini. Alcuni dati sono sintomatici del problema. Nella fascia d’età 25-54 anni con un figlio piccolo, il tasso di occupazione per le donne è del 63%, mentre per i maschi il 90,4%. Con due minori, per le mamme cala al 56,1% e per i papà aumenta al 90,8%. Fattori decisivi appaiono sia la zona geografica che i titoli di studio. Nel Mezzogiorno d’Italia l’occupazione femminile con prole si arresta al 39,7%, mentre al Nord del Paese raggiunge il 71,5%. Quando si ha la fortuna di lavorare, poi, pesa anche il tipo di contratto.

Le donne per diventare mamme devono affrontare molte sfide.

Un terzo delle donne ha un contratto part-time, al contrario dei maschi la cui percentuale è molto bassa. Se i figli sono piccoli la quota delle donne aumenta ancora e quella dei maschi diminuisce. Inoltre la maggioranza delle neomamme si è trovata a subire il part-time, più che a sceglierlo. A questo si associano i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) sulle dimissioni. Più del 70% riguardano donne-madri e il 28,25 maschi-padri. Inoltre sono ben 2,9 milioni le famiglie monogenitoriali, con madri single. Anche l’esperienza della maternità lascia il segno. Il 43% ha dichiarato di non voler mettere al mondo altri figli. I motivi segnalati vanno dalla fatica alla complicata conciliazione lavoro/famiglia, dalla carenza di supporto ai servizi per l’infanzia ad hoc.

Infatti, le mamme di bambini tra 0 e 2 anni hanno segnalato un vissuto fatto di fatica e solitudine, da quando arriva il nascituro fino al rientro nella vita familiare e lavorativa, per chi un lavoro ce l’ha. Soprattutto, non si sono sentite supportate dai servizi pubblici come l’assistenza domiciliare e i consultori familiari. Esiste, quindi, un tangibile rischio futuro demografico per l’Italia, che solo una politica attenta ai bisogni dei cittadini potrebbe bloccare. Ma con lo smantellamento del welfare state in atto c’è poco da stare allegri. I fondi a favore della famiglia sono sempre esigui e quelli investiti sono irrisori. Mentre le risorse finanziarie per le armi si trovano eccome.

C’è un rischio demografico per l’Italia.

Infatti, Leonardo, azienda italiana a partecipazione pubblica è molto attiva nei settori della difesa, aerospaziale e della sicurezza ed è la più grande d’Europa, con profitti da capogiro. Potrebbe sembrare un’affermazione demagogica, ma in realtà è vera, basta leggere i numeri e farsi un’idea. Infine, lecito porsi una domanda: i nostri decisori politici leggeranno mai rapporti come questo? Se lo hanno fatto, hanno dimostrato di non capirci granché. Perché questo fenomeno è da anni che si conosce, ma non è stato fatto nulla per un cambiamento di rotta. I dati non mentono: ogni anno si inaspriscono sempre di più. Come dire “al peggio non c’è mai fine”.

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