La disposofobia è un disturbo caratterizzato dalla tendenza ad accumulare un grande quantitativo di oggetti, di ogni forma e natura, indipendentemente dal loro valore economico o emotivo. Su Milano e hinterland oltre 300 casi l'anno.
Milano – Accumulatori seriali, un problema che cresce di anno in anno. Siamo abituati a vederli nei reality show, nei factual d’Oltreoceano e provengono da lì, dagli Stati Uniti, dalla patria-emblema del consumismo che, inevitabilmente, sfocia nello spreco.
Invece stupisce che, soltanto a Milano e hinterland, si registrano più di 300 casi l’anno. Ebbene sì e per questo motivo l’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Milano si impegna quotidianamente nella prevenzione e gestione di queste emergenze:
“…Il problema è serio, bisogna segnalare per aiutare queste persone prima che il loro comportamento possa mettere in pericolo la loro stessa incolumità e, soprattutto, quella altrui – dice Giovanni Armando Costa (tecnico della prevenzione di ATS) – non esiste una formula corretta, immediata e consolidata per identificare un soggetto che soffre di disposofobia (questo il termine medico) ma vi sono alcune avvisaglie, campanelli d’allarme, che ognuno di noi potrebbe imparare a riconoscere…”.
Agosto 2016 – I pompieri devono domare le fiamme per diverse ore mentre un’intera palazzina rischia di esplodere, siamo in zona Calvairate e l’incendio si è propagato dall’appartamento di un accumulatore che, fortunatamente, ne è uscito illeso. La casa in questione era piena di oggetti ma soprattutto carte, giornali, libri e, per colpa di un semplice contatto di corrente, sono divampate le fiamme.
Di che cosa si tratta?
La disposofobia è un disturbo caratterizzato dalla tendenza ad accumulare un grande quantitativo di oggetti, di ogni forma e natura, indipendentemente dal loro valore economico o emotivo. Senza essere utilizzati e molte volte nemmeno organizzati, questi oggetti vengono ammassati in modo caotico in ogni metro calpestabile dell’abitazione.
Trascorso un certo periodo, i servizi in uso all’abitazione diventano inutilizzabili e il soggetto non può più cucinare, pulirsi o fare qualsiasi altra azione diversa da quella di ritagliarsi un piccolo giaciglio nel quale bivaccare attorniato da montagne di oggetti in stato di deperimento o persino in putrefazione.
Il disturbo si concretizza nella paura di buttare, o perdere, gli oggetti che si sono via via accatastati. Secondo gli esperti le cause di questi comportamenti sono da ricercare all’origine di un trauma affettivo, spesso infantile, che è correlato ad uno stato di abbandono da parte dei genitori, del partner oppure dei familiari più in generale.
I parenti o gli amici, appunto, nella maggior parte dei casi non hanno il tempo, le possibilità, le capacità e nemmeno l’interesse di confrontarsi con un problema simile e, piuttosto che segnalarlo all’autorità sanitaria (ATS) che sarebbe in grado di intervenire mettendo in campo degli esperti, continuano a ignorare il problema rendendosi moralmente complici di eventuali tragici risvolti. Talvolta, viene riscontrato anche nei soggetti ritenuti “normali” e che non hanno a carico nessun’altra particolare patologia psichiatrica.
Febbraio 2021 – Municipio 3, Milano. Un freddo pomeriggio d’inverno, una volta sollevata la basculante di un garage viene ritrovata una donna infreddolita e malmessa. Viveva lì, senza riscaldamento, senza finestre e senza servizi igienici in 30 metri quadri, in un locale interrato circondata di oggetti. Viene soccorsa dagli operatori di ATS a seguito di una segnalazione del custode del palazzo. Si scopre che la signora in questione aveva una casa di proprietà nello stesso stabile, ma che resa inaccessibile perché riempita fino all’orlo. Per questo la donna aveva deciso di chiudere l’abitazione per trasferirsi in un box preso in affitto.
Quali sono i rischi?
Le situazioni abitative insalubri, dal punto di vista sanitario, sovente sono il risultato di un accumulo compulsivo e indiscriminato di oggetti, lasciati nell’incuria più totale, ma che possono diventare elementi pericolosi anche dal punto di vista strutturale.
Tubi dell’acqua che si rompono e causano infiltrazioni anche a seguito di cedimenti della pavimentazione per il troppo peso, contatti di corrente che corrono sulle cartacce ed appiccano vasti incendi, colonie di scarafaggi o ratti che si infiltrano nelle pareti e invadono le altre abitazioni, mosche e vermi che nascono dai rifiuti abbandonati e che rappresentano un concreto pericolo biologico.
I disposofobici sono tumulati nelle loro abitazioni in uno stadio avanzato di deperimento, non diverso da quello degli oggetti di cui si sono circondati, e solitamente vengono salvati per il rotto della cuffia o per un segno della provvidenza: forse perché uno dei vicini sente un odore marcescente provenire dagli spifferi della porta accanto.
Quello che conta davvero per aiutare ATS Milano è fare attenzione ed, eventualmente, segnalare i casi sospetti.
Marzo 2021 – Municipio 5, Milano. Dalla strada si vede un balcone pieno di rifiuti. Una volta effettuato il sopralluogo si scopre che la casa è vuota, disabitata. Si tratta di un uomo che soffre di disposofobia che, sapendo la casa sfitta, è infastidito da quel balcone vuoto. Sente dunque l’impulso di riempirlo gettandovi periodicamente rifiuti e oggetti direttamente dalla strada.
Come ci dobbiamo comportare?
Ce lo spiega Giovanni Armando Costa che lavora nel Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria della Agenzia di Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano (ATS) e che, dal 1996, si occupa di effettuare sopralluoghi e studiare soluzioni operative per affrontare tempestivamente questo tipo di emergenze. Nel 2014 è stato co-protagonista nel docu-reality “Vite Sommerse” mandato in onda su canale 31 della TV nazionale, Real Time.
Ha definito questa realtà come la “Milano degli invisibili”? Perché invisibili? Che cosa si può fare per cambiare la situazione?
“…Nel 1996 ho iniziato a lavorare per ATS (ex ASL) – racconta Costa – e quando ho cominciato a capire, tramite i sopralluoghi, che alcuni dei nostri concittadini vivevano in questa situazione, mi sono reso conto che erano davvero pochi ad avere coscienza del fenomeno. Dunque “Milano degli invisibili” perché nessuno li nota. Inoltre molti di loro sono furbi, abili nel non farsi vedere mentre escono e non intrattengono rapporti con i vicini. Non vogliono farsi notare, quindi invisibili. Noi non li notiamo e loro si nascondono. Alcune volte per fortuna smettono di essere invisibili...”.
In passato ha descritto il problema come “democratico”, cosa intendeva dire esattamente?
“...Questa patologia non guarda in faccia a nessuno – aggiunge Costa – colpisce abbienti e non in egual misura e mentre i primi, avendo disponibilità economica e spazio per depositare gli oggetti, escono e comprano – le signore riempiono la casa di scarpe e vestiti che rimangono spesso inutilizzati (con ancora l’etichetta) – chi non ha reddito riesce ad accumulare uscendo. Alcuni, infatti, attuano una vera e propria operazione di mimetismo. Un signore mi disse di conciarsi tutto malconcio per fare in modo che la gente gli desse qualcosa. Quindi peggiorava la sua condizione fisica per fare più impressione ed accaparrarsi più oggetti. Democratico perché non colpisce una fascia economica o culturale determinata…”.
Se abbiamo il sospetto che un nostro caro oppure un nostro vicino possa soffrire di disposofobia, come dobbiamo comportarci, quali sono gli indicatori e gli indizi su cui dobbiamo concentrarci?
“…Prima di tutto gli odori molesti – aggiunge l’esperto – già solo tenendo in casa gli oggetti, la polvere aumenta e poi, se sono deperibili, appunto, deperiscono. Se uno non si lava, e non lava le superfici, è chiaro che a poco a poco escono fuori queste piccole muffe sui muri, sui pavimenti, sui libri etc. Quando uno apre la porta, solitamente, lascia la scia: una ventata sgradevole. Spesso non buttano nemmeno la spazzatura e, quindi, a lungo andare, gli odori si sentono. Il secondo indizio, pur non vedendo dentro casa, può essere il balcone. Un balcone strapieno, con oggetti che rischiano di cadere all’esterno, di solito è un segnale chiaro. Terzo: osservare la persona. Dobbiamo guardare bene: le mani sono sporche (perché non si lavano), hanno le unghie lunghe e nere, un odore sgradevole addosso, un aspetto trasandato, il vestiario pure. Quarto. Il campanello, o la maniglia della porta sono indicatori chiave, spesso su di essi si deposita lo sporco che gli accumulatori hanno sulle mani e, quindi, sono incrostati di nero, di sudicio. Perché? Non si lavano mai le mani e tocca oggi, tocca domani… Oppure il contorno della porta, annerimenti sul telaio, strati di polvere che condensa e poi si trasforma in quella specie di composto nero fumo, che ricorda la fuliggine e che circonda tutta l’intelaiatura della porta d’ingresso. Poi soprattutto se conosciamo la persona e la vediamo trasformata, spettinata, con i pantaloni macchiati di liquidi organici oppure strappati. Per ultimo, basta soltanto riuscire a sbirciare l’ingresso dell’abitazione del soggetto e se davanti alla porta c’è un ammasso di carta, detriti, ecc. è fatta, abbiamo la conferma che ci troviamo in presenza di un accumulatore…”.
Quand’è il momento giusto per segnalare? Come funziona, chi bisogna chiamare?
“…In presenza di uno o più segnali – continua Costa – è opportuno segnalare all’ATS. Abbiamo una linea telefonica (gratuita) dedicata: 02 85787670 a disposizione dei cittadini al pomeriggio tra le 14.30 e le 16.30. Una segnalazione può essere un po’ più consistente con uno scritto, e per questo abbiamo un indirizzo e-mail al quale rivolgersi: infoaccumulatori@ats-milano.it. Lo scritto serve per protocollare il documento rendendolo ufficiale inserendo dati come indirizzo, numero civico, piano, scala, interno, etc. Ultimamente chiamano spesso, nelle ultime due settimane ho fatto moltissimi interventi. Raramente succede che si tratta soltanto di dispute tra vicini, ma gli accertamenti servono proprio per questo e, noi, non violiamo la privacy, perciò senza il permesso della persona non ci avviciniamo nemmeno. Spesso sono contenti di farsi aiutare, anche se capitano alcuni casi in cui proprio non ci vogliono parlare. In quelle situazioni cerco di avvicinarmi a piccoli passi, prima parlo con il custode – grande fonte di informazioni – poi con il vicinato. Di solito con un po’ di pazienza si riesce sempre ad avere la possibilità di entrare in contatto e aiutare queste persone...”.
Una volta che viene fatta la segnalazione, che cosa succede? Come agisce ATS in concreto?
“…Prima di tutto si cerca in archivio, tante volte si tratta di recidive – conclude Costa – se così non fosse si inizia ad indagare e si organizza un sopralluogo per fare l’accertamento. Si va sul posto a conoscere la persona, cercando di capire se è necessario intervenire, come è possibile aiutarla e fare una quadra generale della situazione. Ci sono 3 ordini di priorità:1) Il problema non c’è; 2) Il problema esiste e si può gestire un passo alla volta; 3) Il problema è grave e bisogna intervenire subito (in quest’ultimo caso è a rischio l’incolumità dell’accumulatore e/o dei vicini). Una volta accertata la situazione, nel secondo caso, ci rapportiamo con i servizi socialii quali attivano un team di esperti costruito ad hoc per ogni singola situazione: ci sono volontari, cooperative, psicologi, assistenti, educatori e figure di sostegno presso il domicilio. Nel terzo caso, in cui la questione è grave, non possiamo perdere tempo perché viene riscontrato un serio pericolo per la salute pubblica di chi occupa l’appartamento, ma anche di chi gli sta vicino. Allora si procede, tramite il sindaco a cui si chiede un’ordinanza contingibile urgente che istruisce la pratica per lo sgombero e il risanamento igienico obbligato dell’appartamento…”
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