All’inizio della pandemia mascherine e guanti erano merce preziosa praticamente introvabile dopo la prima emergenza virus. Per mangiarci su, senza scrupoli, sono venuti fuori come le lumache decine e decine di imprenditori s-pregiudicati che si sono spacciati per fornitori di prima scelta con merce da buttare nella spazzatura. Tutto in danno dello Stato ovviamente.
Roma – Dopo gli arresti domiciliari saranno processati con giudizio immediato i tre autori della presunta truffa aggravata ai danni della Protezione civile del Lazio. Il terzetto di manager avrebbe consumato una frode nella pubblica fornitura di cinque milioni di mascherine e 430 mila camici per l’emergenza sanitaria sprovvisti delle necessarie omologazioni.
A processo si presenteranno l’imprenditore editorialista croato Andelko Aleksic, di European Network Tlc; Vittorio Farina, ex re degli stampatori nostrani e Domenico Romeo, imprenditore calabrese. I primi due dovranno rispondere anche di traffico di influenze. Medesima accusa anche per Roberto De Santis, imprenditore amico di Gianpaolo Tarantini e Saverio Romano, ex ministro delle Politiche agricole dell’ultimo governo Berlusconi.
Le posizioni di questi ultimi sono ancora al vaglio dei Pm. Pur citato nelle intercettazioni telefoniche per un presunto rapporto con Farina, l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri non sarebbe coinvolto nelle indagini.
Nell’ordinanza della Gip Francesca Ciranna si legge: “...L’attività tecnica ha evidenziato il quadro relazionale di cui Farina si avvantaggia nello svolgimento della sua attività di procacciatore di affari per conto della European Network. Farina vanta rapporti con personaggi noti per il tramite dei quali riesce ad avere contratti con pubblici amministratori e lucrando e acquisendo facili guadagni dalla sostanziale impossibilità di controllo da parte del committente sulla qualità dei dispositivi di protezione…“.
Ad avviare l’inchiesta, condotta dai finanzieri del nucleo di polizia Economico-finanziaria, una segnalazione della stessa Protezione civile laziale. I prodotti cinesi erano muniti inizialmente di certificazioni rilasciate da enti non riconosciuti dalla Ue e successivamente Romeo avrebbe fornito false attestazioni.
Persino la polizza fidejussoria presentata a garanzia dell’operazione era stata emessa da soggetto non abilitato all’intermediazione finanziaria. La merce era stata bloccata dall’Agenzia delle Dogane:
“…Domenico (Arcuri, ndr) mi ha promesso che se gli arriva quella lettera autorizza l’acquisto — diceva Farina ad Aleksic sotto intercettazione – c’ho un settanta di possibilità che ti faccio pure il Lazio… Sto facendo un buon lavoro...”.
Per De Santis si indaga sulla causale di un bonifico di oltre 30 mila euro disposto a suo favore dalla European Network che, in una operazione catalogata come «sospetta» dai finanzieri, ne avrebbe bonificati 58 mila anche a Romano, su un conto cointestato con la moglie:
“...Tu lasciami lavorare, c’ho ampia delega, te faccio diventare molto molto benestante, forse potresti anche essere considerato ricco – diceva ancora Farina al socio Aleksic – ce lo fanno appresso l’altro, ma la cosa importante è che quell’altro… ehm… ci autorizzerà a comprare tutto...”.
Dall’inizio dell’epidemia c’erano state più segnalazioni in merito a presunte truffe in danno di vari soggetti pubblici per l’acquisto di dispositivi di sicurezza. I raggiri sono stati per lo più compiuti nel pieno della prima ondata pandemica quando gli enti cercavano freneticamente dispositivi di protezione: mascherine, camici, guanti, tute isolanti.
A causa dell’emergenza sanitaria gli affidamenti erano stati fatti senza alcun controllo e per via diretta, senza gara d’appalto e, soprattutto, senza alcuna verifica sulle compagini sociali di certe società. Di questo hanno approfittato imprenditori, spesso senza scrupoli, trasformando la propria azienda in società di intermediazione per l’importazione dei dispositivi medici.
Come non ricordare il caso “Pivetti”, ancora aperto, per una maxi-fornitura finita al centro di polemiche e inchieste giudiziarie e mediatiche. Ben 4 Procure hanno avviato indagini sulla vicenda, poi tutti confluite nei fascicoli dei Pm di Busto Arsizio, i primi a sequestrare tonnellate di materiale a Malpensa, ipotizzando i reati di frode in commercio e immissione sul mercato di prodotti non conformi ai requisiti.
L’ex presidente della Camera si è sempre proclamata innocente. Come tutti gli altri del resto.